24 November, 2009

葡萄酒&ジャム。Saint Cousair: vino e confetture made in Japan.


Chissà perché le cose più piacevoli della vita si scoprono quasi sempre per caso.
O forse la casualità è apparente e dietro si nasconde un piano preciso. O forse ancora, più semplicemente, mentre si è in vacanza si è meglio disposti ad assaporare le bellezze della vita.

Poco più di un anno fa, durante una romantica passeggiata per la strada che conduce al Zenkō-ji, il meraviglioso Tempio che sovrasta la città di Nagano, mi infilai nella boutique di vino e confetture dell'azienda vinicola St. Cousair. Fu così che assaggiai per la prima volta un buon bicchiere di Ena, quest'anno decisamente migliorato nelle note speziate e nella persistenza che ci si aspetterebbe da un buon merlot.

Durante lo scorso weekend sono finalmente riuscita a fare un salto nella sede dell'Azienda, che si estende su una assolata collina a 600 metri sul livello del mare nella zona di Iizuna, nella Provincia di Nagano.


Otto ettari di vigneti, due ristoranti, una cantina, un laboratorio di confetture e una vera cappella, dove si celebrano matrimoni con vero rito cristiano (i proprietari sono entrambi cristiani).
Date le temperature poco autunnali, il tempo è trascorso quasi interamente all'interno della boutique, tra deliziosi assaggi e fortunati acquisti.


Come le salse piccanti e agrodolci, ottime sui crackers home made e come accompagnamento di alcuni piatti tipici di carne e verdure.


Oppure le deliziose confetture di mele, fragole, albicocche e mirtilli.


Da non perdere un goloso accostamento con formaggi e salumi made in Japan che si possono acquistare nella stessa boutique.


Ma torniamo al vino. Lo Chardonnay 2007 della Saint Cousair è stato premiato con il silver prize durante la Japan Wine Competition 2009 dello scorso agosto. Incredibile pensare che in quest'Isola che si affaccia sul Pacifico ci siano così tante aziende impegnate nella tradizione vinicola, importata abbastanza recentemente durante l'epoca Meiji.


Personalmente, rispetto alla produzione vinicola apprezzo meglio l'assortimento di confetture dolci e salate e i deliziosi crackers della casa, prodotti con i quali l'Azienda iniziò l'attività nel 1976 scrivendo la sua bellissima storia.
Per chi non riuscisse a recarsi a Nagano è presente un punto vendita anche a Tokyo, dove mi ritroverete presto a fare scorta di salsine e confetture.

18 November, 2009

Panna salata

Veduta di Manhattan dall'aereo

Ha proprio ragione Gianluca Neri quando dice "Ci torno perché non ci si può non tornare", a New York. E a Manhattan (il cui nome deriva da Mannahatta, così come la chiamavano gli indiani d'America, che significa "isola delle colline") un buon motivo per tornarci resta sempre il mitico ristorante indiano Panna II, sulla First Avenue, tra la sesta e la quinta, nel cuore del Lower East Side.

Entrata del Panna II

Credo che sia un'esperienza assurda cenare qui. Intanto, il soffitto e le pareti sono completamente ricoperti di luci a forma di peperoncino.

Interno di Panna II

Poi perché se vi guardate intorno scoprirete oggetti di incerta provenienza (vedi il draghetto).

Interno di Panna II

Ma soprattutto perché da Panna II si mangia discretamente, anzi si mangia proprio bene, spendendo una sciocchezza. Date un'occhiata al menu:

Esistono molte recensioni positive di Panna II, alcune si possono leggere direttamente mentre si cena, perché sono appese alle pareti.


Ma la cosa che davvero vi lascerà senza parole (già peraltro finite dopo aver pagato 15 dollari per mangiare bene a Manhattan) sarà scoprire a un certo punto, che il locale è minuscolo (25 posti a sedere più o meno). Gli specchi e le luci nascondono i pochi metri quadri in cui sono sistemati i tavoli. Dunque, obbligatorio prenotare ed evitate il sabato, se non volete imbattervi nella coda di studenti che attende il proprio turno sulla scalinata esterna.

E, in ogni giorno, fate comunque attenzione a non entrare al ristorante indiano sulla sinistra, alla fine della scala, perché ci sarà l'indiano buttadentro della concorrenza indiana che tenterà di fuorviarvi.

Foto presa senza chiedere permesso da http://www.tandooriknights.co.uk, ma non ho fotografato i miei samosa. Perdono.

Buon samosa a tutti allora, e se proprio dovete andare di sabato, mentre attendete sulla scalinata il vostro tavolo, leggetevi il bel libro sulla gentrification* di Manhattan South New York, l'isola delle colline, di M. Maffi.

*che sta a significare la sostituzione dei vecchi abitanti poveri con nuovi benestanti e la bonifica fisica dei quartieri degradati

06 November, 2009

Zang Tumb Tumb a Manhattan

Composizione di foto di Dede* + Quadro di Tamara

Nel 1929 Tamara de Lempicka dipinse il suo quadro intitolato New York (in alto a destra).
Molti la ricorderanno nel suo autoritratto di donna futurista al voltante di un’automobile con uno sguardo degno di Thelma & Luise... Anche lei aveva “lanciato la sua sfida alle stelle...”. Così come i futuristi dichiaravano nel loro manifesto d’esordio pubblicato su Le Figaro nel 1909.


Creatività, futuro, rottura, parole in libertà, sorpresa, provocazione, internazionalità, antipassatismo, emancipazione, verticalità... queste parole danno già un'idea di cosa ci sia stato di buono nel futurismo, ma sorprendentemente, si potrebbero usare anche per descrivere un aspetto di New York, come quello per cui un locale non dura più di qualche anno e dove “l’andare oltre” è un po’ un diktat implicito in ogni foglia che si muova.

U. Boccioni: Dinamismo di un calciatore (1913)

Proprio questo mese, si celebrerà il centenario del futurismo nella Big Apple, grazie a Proforma, la Biennale dedicata alle forme d’arte live. Ma a collegare il futurismo e New York c’è anche l’artista Athos Cesarini, detto il pittore futurista italiano d’America che ha ritratto tutta New York con un tratto degno di Balla&Co.

Quadro di Athos Cesarini

Il futurismo si espande nella città fermandosi in una sala del museo più commovente (per gli amanti dell’arte moderna e contemporanea) di Manhattan, il MOMA, dove i trovano alcune delle opere più rappresentative di questa rivoluzione di forme e di energie pittoriche.

Foto di Dede*

A Boccioni sarebbe senz'altro piaciuto che le sue opere fossero incorniciate dai grattacieli

Anche se il futurismo fallì la sua rivoluzione artisitca, piegandosi al potere politico, dai semi della sua dirompente energia sono nati anche degli spunti positivi per il futuro, alcuni tutt’ora attuali (una chicca: aprendo il disco dei Duran Duran del 1988, scoprirete che è la copia del Poema del vestito di latte, opera futurista del 1937).
(* Dede di varie-ed-eventuali-blog.blogspot.com grazie!!!).

01 November, 2009

初雪。Onsen e la prima neve.


Durante il weekend appena trascorso, in cui abbiamo toccato temperature a dir poco estive, in tutti i telegiornali si è parlato della prima e decisamente precoce nevicata che ha imbiancato l'isola di Hokkaido, all'estremo Nord del Giappone.

Per via di una corrente d'aria fredda proveniente dal Continente asiatico, da domani le temperature si abbasseranno bruscamente di 15 gradi, facendoci vivere in anticipo la stagione fredda che generalmente fa capolino a fine novembre. Brrr.
Insomma poche scuse per chi non ha ancora effettuato il cambio di stagione: fuori dagli armadi piumoni, pigiami di flanella e maglioni caldi.


Per chi ama la stagione fredda, però, potrebbe essere anche un'ottima scusa per organizzare un weekend in un'accogliente onsen, la tipica stazione termale giapponese. Da Tokyo le onsen più vicine si trovano nelle famose località di Hakone, immersa tra i monti, e Atami, che si affaccia invece sul mare. Entrambi illustratissime in tutte le guide e raggiungibili in un paio d'ore di treno. Bellissime anche alcune stazioni termali della prefettura di Gunma, ma un po' più difficili da raggiungere senza automobile e catene per la neve (il mio amico Luca ci porterà la famiglia a Capodanno, date un'occhiata qui).


Per chi decide di avventurarsi più a Nord, le zone più famose si trovano nelle prefetture di Nagano e Niigata. Attrezzatissime stazioni sciistiche e ryokan (locande) dotate di onsen sia al chiuso che all'aperto richiamano migliaia di visitatori ogni anno, molti dei quali si ripromettono di ripetere regolarmente questa esperienza diventando affezionati clienti fissi delle ryokan.

L'onsen al chiuso riproduce fedelmente il bagno caldo presente in ogni ryokan tradizionale, con la differenza che l'acqua è di origine termale. Non preoccupatevi perciò delle piccole tracce di muschi che fluttuano nell'acqua calda, si tratta dei "fiori della roccia" che vengono trascinati dalla corrente calda e fanno benissimo alla pelle.



Se invece volete provare un'esperienza decisamente unica, provate a immergervi nell'onsen all'aperto, chiamata rotenburō 露天風呂う (letteralmente "fare il bagno sotto al cielo"). Nelle moderne stazioni termali, il rotenburō si trova generalmente nell'attico della struttura, in una terrazza appositamente adibita. Nelle ryokan tra i monti, invece, il rotenburō è quasi sempre dislocato al piano terra (il primo piano in Giappone), annesso all'onsen al chiuso.


Le semplici regole da rispettare nei bagni termali giapponesi sono le stesse in ogni località.
Prima di immergersi nel furō (la vasca con l'acqua calda), è necessario lavarsi lungamente e per bene con il piccolo asciugamano che si riceve insieme alla biancheria della stanza. Shampoo, balsamo e bagnoschiuma sono sempre predisposti davanti a ogni doccia. Lavate bene e strizzate il vostro piccolo asciugamano prima di entrare nella vasca, facendo attenzione a non immergerlo nell'acqua calda. Semplicemente ripiegatelo e poggiatelo sulla vostra testa, oppure in un angolo vicino a voi senza dimenticarlo quando uscirete dalla stanza.

Ciò che personalmente amo di più quando mi reco in una ryokan tradizionale è la bontà e l'incredibile assortimento di cibi che si possono gustare sia a cena che a colazione.


Generalmente si tratta di piatti tipici della località, ricchi di verdure e pesce di stagione. Nelle zone di montagna anche la carne di selvaggina è molto apprezzata. La cena è servita sempre abbastanza presto rispetto alle nostre abitudini occidentali, e l'orario desiderato va comunicato in reception (in genere non più tardi delle 19:00).

La colazione è sempre in versione tradizionale giapponese: riso bianco caldo, frittata dolce, zuppa di miso, sottaceti, pesce grigliato, verdure di ogni tipo, tè caldo. Se siete poco propensi a mangiare salato la mattina, optate per le ryokan che servono anche la colazione internazionale (sono poche ma non difficili da trovare).


Sebbene in Giappone non sia assolutamente in uso lasciare la mancia quando si paga il conto, nelle ryokan funziona diversamente. Ricordatevi di lasciare una piccola mancia alla persona che vi accompagnerà nella stanza appena arrivati (e non quando andrete via, mi raccomando), facendo cura di avvolgere la banconota in un foglio di carta (va bene anche uno dei kleenex che troverete nella stanza). È un piccolo gesto di buona educazione che disporrà meglio il personale dell'hotel nei vostri confronti e renderà il vostro soggiorno ancora più piacevole.
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