24 August, 2008

鞄。Paese che vai, borsa che trovi.


[Ecco l'ultimo della serie "post riproposti" di Zen and the City.
Grazie a tutti per averci rilette e a tra pochissimo con i nuovi post ^^]

Per un'appassionata di borse e accessori come me, un salto al punto vendita di Yoshida & Co dentro OICITY di Shibuya è come una visita obbligata al Tempio.
Uno stile sobrio ma inconfondibile caratterizza da sempre le collezioni di questa azienda tutta giapponese, dal 1935 leader nel settore della pelletteria.
Borse grandi, comode e indistruttibili, reversibili o invisibili e, soprattutto, bellissime; portafogli di pelle o di stoffa che non temono lo sguardo intransigente di chi ama la perfezione dei dettagli.


E ora le due chicche finali: è chiaramente griffata Porter, brand principale commercializzato dal 1962 da Yoshida & Co, la superaccessoriata wire messenger bag che l'estate scorsa ha spopolato tra i bikers giapponesi. Anche il mio caro amico Nicola ha portato con se la sua Porter, stracolma di attrezzature digitali e non, per immortalare tante nuove cose incredibili.

20 August, 2008

Il mondo visto da una cucina.


(Continua la serie dei post "riproposti". Zen and the City vi danno appuntamento a settembre con i post nuovi).

Cucina, lettura, avventura e New York. Se amate queste parole, il vostro libro è Kitchen Confidential di Anthony Bourdain. Lo chef (forse ora ex) del Les Halles - ristorante francese a South Avenue e a 15 John Street – racconta la sua incredibile biografia con alcuni piatti forti, quelli che svelano i segreti delle cucine nei ristoranti, come evitare fregature (mai ordinare pesce di domenica!) e come appare il mondo visto da questo posto fantastico, e nello stesso tempo turbolento, che sono gli occhi di un grande chef. Se poi, come spesso capita, non siete ancora sazi di girare le cucine del mondo con Anthony, continuate pure con la visione di No Reservation (cliccate per vedere la puntata sulla Corea), trasmesso da Sky, o leggetevi Viaggio di un cuoco e Avventure agrodolci (Ed. Feltrinelli viaggi), sempre scritti da lui. La curiosità: fu assaggiando un'ostrica a nove anni che capì quale sarebbe stata la sua vocazione.

16 August, 2008

玄関。Ode al genkan.

(Continua la serie dei post "riproposti". Zen and the City vi danno appuntamento a settembre con i post nuovi).

Chiudo con precisione la porta del vecchio ascensore e, con grande coraggio, mi arrampico sull'ultima rampa di scale che mi separa beffarda dal poter decretare il ritorno a casa.
La porta blindata rimbomba alle mie spalle, getto la borsa sullo zafu vicino all'ingresso.
Tadaima. Sono tornata. Mi sfilo le scarpe e salgo sul mio tappeto sardo. Bianco, tessuto a grani con un motivo tradizionale. Un genkan sardonipponico, il mio.
Sistemo le scarpe con la punta rivolta verso l'ingresso e mi appresto a godermi il mio quotidiano, meritatissimo ritorno a casa.

In tutte le case giapponesi e in tantissimi locali, è d'obbligo levarsi le scarpe prima di entrare.
Il genkan è lo spazio adibito a questa funzione, e separa l'area interna da quella esterna. Generalmente è costituito da un atrio costeggiato da un armadio o da ripiani, dove si ripongono le scarpe e i vari accessori. Nella foto è ritratto il genkan di un ristorante tradizionale, con tanto di pedana centrale che aiuta a "guadare" l'ampio atrio.


O-agarinasai. "Salga pure, prego." Tramite un gradino si accede all'interno della casa o del locale, facendo ben attenzione a non salire con le scarpe nè a poggiare i piedi sul pavimento dell'ingresso. La padrona di casa provvederà a sistemare le nostre scarpe, allineandole per bene e con le punte rivolte verso l'esterno.

In tutte le case dei miei amici ho le mie ciabattine personali, e a casa mia riservo loro lo stesso trattamento. Dai miei genitori sono di spugna, bianche e morbide, con le ciliegie ricamate.
Dalla mia Sensei di pittura sumi, invece, tra le slipper a disposizione per noi allievi, prediligo sempre quelle aperte davanti e con l'incrocio.
Gli appartamenti di Tokyo sono spesso piccini e privi di terrazzo. Così ecco che il genkan diventa un piccolo deposito, un luogo da riutilizzare con destrezza: la mia amica ci tiene la bici e qualcuno... ci stende i panni :)

Non vi resta che godervi il piacere di ciabattare in casa d'altri e, mi raccomando: attenzione al fatidico buco sul calzino.
Se volete approfondire cliccate qui.

12 August, 2008

Vanilla coffee


Non ho mai capito il senso di andare a Little Italy (che peraltro non esiste più). Più che a “ritrovare”, chi va a New York dovrebbe cercare e provare qualcosa di nuovo. Da appena alzato.
Le mattine che passo lì adoro fare colazione in uno dei tanti (bar? No, non saprei bene come chiamarli, comunque il mio preferito è il Cafe 28) locali che espongono muffins appena sfornati. Funziona così: si entra e si riempie self-service il cup. Spieghiamo subito una cosa: se metterete il tappo di plastica con il buco per la cannuccia siete stranieri, se ponete quello con l’apertura per essere bevuto camminando siete già più immedesimati nel way of life nuiorchese.

Riprendiamo dal cup. Dovrete scegliere tra diverse combinazioni, io preferisco sempre il vanilla coffee (caffè aromatizzato alla vaniglia). Invece dello zucchero, uso solo bustine Sweet Low (quelle con la pantera rosa). A questo punto entro nell’area “dolci” e prendo a caso un muffin. Non voglio sapere quante calorie contiene (notare la contraddizione tra scelta del dolcificante a zero calorie e il dolce ipercalorico, tipica per certi versi dell’America). So solo che ogni volta è una sorpresa: cannella e mele, banana e noci, pure chocolate o vanilla e zenzero… L’espresso, non mi manca neanche per un secondo.

Se poi anche voi diventerete muffin dipendenti, niente paura. Al supermercato, (provate il più grande di Manhattan, il Whole Foods Market di Columbus Circle o quello a Union Square. Spesso all’entrata troverete della frutta esotica lavata e tagliata offerta alla clientela) potrete acquistare - a un dollaro - il preparato al vostro gusto preferito da portare in Italia. A quel punto, però, comprate anche il Sweet Low già che ci siete.

06 August, 2008

Popcorn & Chocholate.


La serendipidità è la “capacità di cogliere e interpretare correttamente un fatto rilevante che si presenta in modo inatteso e casuale nel corso di una ricerca.” Se volete approfondire l’argomento e nello stesso tempo vedere tanta Manhattan, allora noleggiate Serendipity, Quando l’amore è magia. Il titolo (vi avverto è una commedia leggera e anche un po’ smielata) si riferisce alla capacità sopraccitata, ma anche a un famoso bar sulla 60th Street, dove servono uno strepitoso frozen hot chocolate. Parlando con il gestore di un locale romano, ho scoperto che i proprietari sono italiani. No, non è il bar di Harry ti presento Sally, quello si trova al 205 della East Houston, nel Lowes East Side. Potete ammirarlo nella foto.

(writed by the City, selected by Zen)

03 August, 2008

追い越し。Il sorpasso.


Il logo Michelin da sempre rievoca in me odore di gomma su asfalto incandescente, e quelle meravigliose domeniche pomeriggio davanti al GP.
Ma questa volta la gara si è corsa tra le pagine di una più che nota guida gastronomica. Stiamo parlando della Guida Michelin, bibbia dei gourmet worldwide.

Qualche mese fa la prima edizione della Guida Michelin asiatica ha sconvolto il mondo dei buongustai: con un totale di 191 stelle su 150 ristoranti, la Capitale del Sol Levante ha sbaragliato la campionessa indiscussa da sempre, ovvero la Cité Lumière.
Sono solo 8 i ristoranti fregiati del maggior riconoscimento (tre stelle), tra i quali 5 ristoranti francesi e 3 giapponesi (2 di Sushi del centro di Tokyo che proverò al più presto).
Un team composto da 3 europei e 2 giapponesi ha visitato nell'arco di un anno e mezzo 1500 dei 160.000 ristoranti presenti a Tokyo, giudicando in base a precisi parametri l'eccellenza per quanto riguarda la cucina, il servizio, la presentazione dei piatti e l'aspetto del ristorante.

Ma perché non mi hanno chiamata??? ^^
(selected by the City, re-posted by Zen)
Related Posts with Thumbnails