29 January, 2009

Solennità sbarazzina sulla Quinta Strada

Chi di voi ricorda la pubblicità anni 80 dei Levi's, con Nick Kamen che entrava in una tipica laundry americana e si spogliava? All’epoca in Italia le lavanderie a gettone non esistevano, erano una tipica usanza transoceanica nell’immaginario collettivo. Ma se ho parlato di panni puliti è solo per poter introdurre il ferro da stiro più famoso di New York: il Flatiron Building.


Tanti anni fa, era l’edificio più alto della città e fu anche il primo grattacielo fornito di sistema antincendio. Eppure, Il Fuller Building, meglio conosciuto per la sua forma come Flatiron Building (=ferro da stiro), è stato e forse è ancora un simbolo molto caro alla città. Questa volta però lascerò che sia un grandissimo esperto di New York a parlare delle sensazioni che si provano al numero 175 della Quinta strada, il Professor Mario Maffi (Letteratura Americana all’Università degli Studi di Milano). Dal suo libro New York, l’isola delle colline:

“Lo scenario intorno si fa sempre più irreale. È come se quella sospensione che la neve non manca di creare – quel suo rallentare e immobilizzare ogni cosa – si traducesse ora e qui in uno srotolarsi indietro del tempo, fino a svelare il passato che tanto misteriosamente sta pur dentro questa metropoli… Ed è la giusta, necessaria introduzione al “Grande Magnifico”… Parlo del… “Flatiron”: diciannove piani di meraviglia e follia eretti da Daniel Burnham nel 1902 nella forma di quegli alti ferri da stiro affilati e triangolari che s’usavano una volta, con una facciata in bugnato rustico che muta di sfumature a seconda della luce e un gioco di ondulazioni negli sporti delle finestre che conferisce movimento e leggerezza alle superfici e gli ornamenti in stile French Renaissance che accrescono la sbarazzina solennità di questa pruna di nave lanciata nel vortice della città che sale…”


La città che sale riporta in un baleno la mia mente a un’altra “città che sale”, a Genova, così come la descrisse Dino Campana nella sua poesia capolavoro:

“Per i vichi marini nell’ambigua Sera cacciava il vento tra i fanali Preludii dal groviglio delle navi… Quando Melodiosamente D’alto sale… De le nuvole e de le stelle dentro del cielo serale, Dentro il vico marino in alto sale…

Da New York a Genova, ci ritroviamo a Roma: è di questi giorni la notizia che attribuisce a Sorgente Group Spa (Gruppo romano) la maggioranza del pacchetto azionario della società proprietaria del Flatiron Building. Pare verrà trasformato in un albergo di stralusso.
Poi però leggo: "Il problema è che la notizia si ripete da anni. Lo ha scoperto il nostro Luca Sofri che è molto pignolo" sul blog di Condor e che la notizia si ripete da anni su Wittegenstein.


Be’ chi vivrà vedrà. Ora sulla città che sale è scesa la notte.
E poi i panni sporchi si lavano in casa propria, o al massimo da Superwash (per chi non ha una lavatrice).


25 January, 2009

駅弁。Stazione che vai, Bento che trovi.

Viaggiare. Una valanga di emozioni variegate e indefinibili, strettamente soggettive e incontrollabili.
Viaggi di lavoro, piacere, famiglia. Prima di mettersi in cammino, c'è chi dorme saporitamente e chi, di contro, non chiude occhio. C'è chi dimentica il biglietto o lo spazzolino da denti, oppure chi si presenta al check-in il giorno dopo (hem...).

Qualunque sia il motivo del vostro viaggio, in Giappone anche il viaggiare è un'arte. Immaginate di trovarvi per esempio sul treno, ogni posto equipaggiato di tutti i comfort per poter utilizzare al meglio il tempo trascorso a bordo. Accanto a voi c'è chi dormicchia, chi lavora, chi legge. Ma tutti i vostri vicini, prima o poi, estrarranno da una busta una misteriosa scatola e cominceranno a gustarsi il proprio delizioso, speciale e inimitabile bento.

"Echigo monogatari", www.ekiben.jp

Il bento è un pasto completo confezionato in appositi contenitori, i bento-bako, generalmente composto da una combinazione di riso, carne, pesce o verdure. I cibi sono sistemati in base ai colori e possono prendere le sembianze di animali, fiori, personaggi di fantasia ecc. (i cosiddetti kyaraben).

Eki-ben, www.rurubu.com

In ogni grande stazione giapponese si possono trovare dei caratteristici chioschi che vendono eki-ben, il tipico lunch box da mangiare sul treno. Variano in base alle stagioni e generalmente sono da consumare entro 24 ore dalla preparazione. I più belli li ho visti alla Stazione di Kyoto nel periodo di Capodanno, vere e proprie opere d'arte create da profumi, colori e sapori. Ci sono i bento per i vegetariani, per i bambini, per gli appassionati dei fumetti; e in alcune aree di servizio sulle autostrade si possono acquistare addirittura i bento per i cani.

Kamameshi, www.8tokyo.com

Sullo shinkansen, inoltre, sono in vendita dei bento speciali a seconda delle regioni attraversate dalle tratte, con ingredienti e metodi di cottura particolari. Il mio preferito è per il momento il kamameshi di Yokokawa: stufato di riso, carne e verdure cotte al vapore, il tutto adagiato in un caratteristico contenitore di terracotta.

Il bento è una vera e propria arte, e non solo in Giappone.
Assolutamente da segnalare il forum di alcune ragazze italiane, Pazze per il Bento, che raccontano di questa loro grande passione postando foto e ricette per preparare le loro meravigliose composizioni.

17 January, 2009

Le porte invisibili

Quel genio di Italo Calvino scrisse un romanzo bellissimo, intitolato Le Città Invisibili, in cui Marco Polo alla corte di Kublai Khan descrive le incredibili città incontrate nei suoi viaggi. Ognuna di esse ha una personalità, un’architettura e una storia a sé (come raffigura l’artista di questo sito: le città invisibili). Senza le doti del grande scrittore, proverò a raccontarvi le storie che viaggiando per la città mi hanno raccontato le porte di alcuni edifici, attraverso le loro architetture e le loro diverse personalità (deciderete voi se sono vere o inventate) .

Upper East Side

Josephine si stava sottoponendo a un trattamento anticrespo per sfoggiare una inedita acconciatura al ricevimento che la attendeva in serata. Il suo letto era ancora disfatto e le ultime coperte di seta arrivate fresche fresche da una sartoria cinese le avevano regalato un sonno morbido e spensierato. La primavera era alle porte e la cosa non le dispiaceva affatto. Come ogni anno, si sarebbe liberata di quei ridicoli cappotti, per poter scendere a Central Park e intrecciare i suoi lunghi e biondi capelli ai fili d’erba. Non era in grado di apprezzare fino in fondo la fortuna che aveva avuto a nascere in uno dei quartieri più ricchi della città. Ma era dotata di una innata sua eleganza, come tutti i levrieri afgani, tanto che neanche una volta fu tentata di fare pipì sul vaso posto fuori il portone di casa.

Greenwich Village


Aveva preso una bambola gonfiabile e la aveva vestita dalla testa ai piedi: un cappello fatto a mano da una vecchia signora di Harlem, una camicia bianca con i gemelli come piacevano a lei, un cappottino in tessuto eco, verde menta, una borsa di Guess, un bracciale portafotuna thailandese e l’ultimo modello di All Stars. Dentro la borsa due biglietti per vedere Stomp. Erano tutti i regali che aveva comprato per il compleanno della sua adorata Marianne. Lei lo aveva raggiunto per un Master in Giurisprudenza. Stavano insieme da due anni, ma a distanza, e questi tre mesi insieme li riempivano di gioia. Quella notte accesero mille candele e lui il giorno seguente dipinse la porta che dava sulla strada dei colori della sua anima, affinché il loro sogno non si sgonfiasse mai.

Soho


Qui vive una star, un divo, chiamatelo come volete. Nessuno sa cosa ci sia dietro la sua porta. A Manhattan ha cinque ristoranti, nel mondo sei mogli. Ma il suo intenso e appassionante sguardo non ce lo ha nessuno, in tutto l’universo…

Lower East Side


Mouggly veniva da Minneapolis. Ai tempi del College la sua bellezza aveva distolto tutta la scuola dagli studi. Biondo, statuario, dal sorrido perfetto. Beveva e fumava né più né meno dei suoi compagni. Ma avere una madre attrice, che ha lasciato tutto per poter seguire una compagnia di terz’ordine, solo per andare contro tutti i sistemi non lo aveva aiutato a liberarsi di quella fama di conoscere, che già recitando ore davanti allo specchio da piccolo si era manifestata. Quando arrivò a New York per seguire Annabelle, allora sua compagna, non aveva un dollaro. Si appoggiarono nel corridoio di un vecchio zio di lei, con un saccoapelo e una bici in due. Dopo un anno, lei riuscì ad ottenere una particina in un musical di Broadway e anche Mouggly la seguì, come operaio di scena. Li potevi trovare, durante il loro giorno di pausa, al Chakra, uno degli unici cinque locali di Manhattan in cui si può fumare, proprio in Avenue A, in pieno Lower East Side. Se passate di là buttate un occhio: lui è quello ubriaco che parla di quando a scuola trovava le ragazze nascoste nel suo letto ad aspettarlo. Lei se ne è andata. Al suo posto c’è Lia, una giornalista impegnata dai capelli lunghi e grigi, come i respiri di questo posto.

Dietro la porta di casa mia c'è la polvere dei miei ritorni della mia strada c'è l'ombra della mia anima cantava Cristiano De André. Forse non aveva tutti i torti. Il mio augurio è che quando si chiude una porta si apra sempre un portone.

09 January, 2009

Colazione da Zen and the City.



A Tokyo il cielo è sempre blu. Ma a Ginza si tinge di un colore speciale, prodotto in esclusiva dalla Pantone con il numero 1837, anno di fondazione della Tiffany & Co.


Dal 1° novembre è stato riaperto il mitico store della Chuo Dōri, dopo una serie di importanti interventi di ristrutturazione, soprattutto al primo e terzo piano, diretti dall'architetto Kengo Kuma e del team della Tiffany & Co.

Uscire dal 2-7-17 della Dōri - magari dopo aver acquistato un Ginza Heart Pendant della collezione limitata by Paloma Picasso, e tuffarsi nelle strade di Ginza con una bustina color Blue Tiffany è un'esperienza unica, irripetibile. Stringerete tra le dita quel voluttuoso cordoncino e, intorno a voi, mille occhi si accenderanno di contrastate emozioni. Ma voi sorriderete generosamente a tutti.
Zen



Fifth Avenue at 57th Street.
È il posto più bello del mondo, dove non ti può accadere niente di brutto.
La protagonista di Colazione da Tiffany non era la sola a pensarlo. Basta varcare la soglia del Tiffany’s Store sulla Quinta per sentirsi un po’ più felici di prima.



Il piano terra espone gioielli e oggetti preziosi. Il tutto presentato sotto delle trasparentissime teche. Entrare con l’uomo della vostra vita da Tiffany è un’esperienza unica. Se dovesse capitarvi ricordate una cosa fondamentale: gli anelli di fidanzamento sono al secondo piano. Una sala immensa dedicata solo e unicamente agli amici delle donne.


Quando ci sono andata l’ultima volta l’ho saltato (scema), per visitare il terzo piano, quello delle nuove collezioni. Ricordo benissimo l’ascensore pieno di occhi scintillanti (delle donne) o preoccupati (degli uomini che scendevano al secondo), ma soprattutto ricordo l’uomo Tiffany che intratteneva la clientela mentre spingeva i pulsanti dei piani richiesti all’ascensore. Aveva una voce stupenda e profonda e sembrava un attore. Aveva capacità istrioniche indiscutibili e diceva che al secondo piano non ci voleva andare mai nessun uomo.

Ho pensato a quest’uomo ripetere le stesse battute facendo su e giù tutto il giorno. E mi sono intristita. Ma da Tiffany succedono solo cose belle. Così, mi piace immaginare che Ford Coppola si recherà prima o poi da Tiffany per comprare un regalo a Sofia e che accorgendosi di avere davanti un attore nato lo scritturi per il suo prossimo film.
The City


01 January, 2009

明けましておめでとうございます。Happy New Year 2009.


Forse state passeggiando a zero gradi per le scintillanti vie di Soho, oppure per le insolitamente tiepide strade di Ginza; o magari, siete semplicemente davanti a un buon bicchiere di vino nel salotto di casa.
Ovunque voi siate, Zen and the City ringraziano per essere state seguite fino ad ora e vi aspettano per raccontarvi tante nuove avventure tra New York e Tokyo.
Per continuare a viaggiare, anche da fermi.

Buon Anno Nuovo 2009.
Happy New Year 2009.
2009年、明けましておめでとうございます☆
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