29 June, 2008

Le storie nascoste


Se una domenica mattina vi trovate nel Lower East Side, mettete Sunday Morning nel vostro I-pod e dirigervi verso Union Square. Questa piazza è il cuore di Manhattan. E respirate, respirate le storie che vi scorrono davanti.

Come quella raccontata da Fabio Volo in Italoamericano, che sta andando in onda in questi giorni su MTV. Il duetto con Ivo lo trovo pessimo, ma quando vuole Fabio sa essere davvero poetico. Ci parla del Green Market, le cui bancarelle vendono solo cose prodotte a Manhattan, dalle uova al miele (la puntata la trovate qui, dove Fabio assaggia il miele che gli offre direttamente un’ape).

So che esiste anche un ingegnere iracheno che produce vino sulla terrazza della sua casa in centro – sempre a Manhattan - con tanto di etichette personalizzate. Pare che sia anche buono (ecco qui il video su di lui).

Se siete a New York, di domenica come in qualunque altro giorno, guardate sempre oltre quello che vedete. La parte più intertessante di Manhattan è quella che nessuna guida potrà mai raccontare. Perché succede una volta sola. E se siete attenti, proprio davanti a voi.

Ora Sunday Morning è finita. Entriamo in zona “brunch”. Il classico è mettersi in fila per andare da Bubby, ma il mio consiglio è di entrare al grande supermercato della piazza, comprare succhi di frutta freschi e ciò che più vi piace e mangiare nel giardinetto in mezzo alla piazza (anche se il Wi-Fi non funziona sempre). Non si sa mai dovesse sfuggirvi qualche altra storia incredibile Made in Big Apple.

Brano consigliato (solo di domenica): Absolute Beginners di D. Bowie. Altrimenti Stand dei R.E.M.

27 June, 2008

玄関。Ode al genkan.


Chiudo con precisione la porta del vecchio ascensore e, con grande coraggio, mi arrampico sull'ultima rampa di scale che mi separa beffarda dal poter decretare il ritorno a casa.
La porta blindata rimbomba alle mie spalle, getto la borsa sullo zafu vicino all'ingresso.
Tadaima. Sono tornata. Mi sfilo le scarpe e salgo sul mio tappeto sardo. Bianco, tessuto a grani con un motivo tradizionale. Un genkan sardonipponico, il mio.
Sistemo le scarpe con la punta rivolta verso l'ingresso e mi appresto a godermi il mio quotidiano, meritatissimo ritorno a casa.

In tutte le case giapponesi e in tantissimi locali, è d'obbligo levarsi le scarpe prima di entrare.
Il genkan è lo spazio adibito a questa funzione, e separa l'area interna da quella esterna. Generalmente è costituito da un atrio costeggiato da un armadio o da ripiani, dove si ripongono le scarpe e i vari accessori. Nella foto è ritratto il genkan di un ristorante tradizionale, con tanto di pedana centrale che aiuta a "guadare" l'ampio atrio.


O-agarinasai. "Salga pure, prego." Tramite un gradino si accede all'interno della casa o del locale, facendo ben attenzione a non salire con le scarpe nè a poggiare i piedi sul pavimento dell'ingresso. La padrona di casa provvederà a sistemare le nostre scarpe, allineandole per bene e con le punte rivolte verso l'esterno.

In tutte le case dei miei amici ho le mie ciabattine personali, e a casa mia riservo loro lo stesso trattamento. Dai miei genitori sono di spugna, bianche e morbide, con le ciliegie ricamate.
Dalla mia Sensei di pittura sumi, invece, tra le slipper a disposizione per noi allievi, prediligo sempre quelle aperte davanti e con l'incrocio.
Gli appartamenti di Tokyo sono spesso piccini e privi di terrazzo. Così ecco che il genkan diventa un piccolo deposito, un luogo da riutilizzare con destrezza: la mia amica ci tiene la bici e qualcuno... ci stende i panni :)

Non vi resta che godervi il piacere di ciabattare in casa d'altri e, mi raccomando: attenzione al fatidico buco sul calzino.

25 June, 2008

I live NY.


New York è puro cibo per la mente. Di chiunque. Qualunque siano i gusti delle vostre papille sensitive, non rimarrete mai a bocca asciutta. Soprattutto se quello che cercate sono delle nuove note. In questa città, infatti, esistono moltissimi locali dove ascoltare gruppi emergenti di qualunque genere. Il tutto, dalle 7pm a mezzanotte per soli 8 euro.
Sotto consiglio di Kiara, una ragazza molto brava che vive sei mesi in Italia e sei mesi a NY cantando, io sono stata all’Arlene’s Grocery, ma anche il Knitting Factory è ottimo (ce ne sono tanti, tutti rigorosamente sotto la 42th). Io ho ascoltato un gruppo molto bravo, i Lost Revolution, un po’ troppo Nickelback ma forti, e Will Hanza (lo vedete in questi pochi secondi di video che ho girato durante la sua esibizione) un chitarrista sperimentale geniale che ha anche suonato la chitarra con i denti. L’ambiente è tranquillo e lo consiglio davvero a tutti gli assetati di nuova musica.

Certo, pagherei oro per poter camminare per le vie di New York negli anni Novanta, quando in un locale chiamato Sin-é, dopo la mezzanotte si esibiva, in cambio di una cena, il grande unico ed emozionante Jeff Buckley, la voce degli angeli.

23 June, 2008

抹茶。I love you, Maccha ^^


Se dovessi stilare una classifica delle cose di cui proprio non posso fare a meno quando vado in Giappone, tra i primissimi posti c'è sicuramente il maccha.
Levatemi gli agemanjyu (sigh), i ramen (doppio sigh), addirittura gli zaru soba (follie!!!), ma non toccatemi quella deliziosa, profumatissima e verdissima polverina di cui sono decisamente dipendente.
Il maccha non è altro che polvere finissima di alcune particolari qualità di tè verde, usato soprattutto nella cerimonia del tè (di cui vi parlerò più avanti), ma anche nella preparazione di innumerevoli pietanze, tra cui soba, wagashi, yogashi, ice-cream e diverse bevande.


Se per errore vedo esposta l'insegna del maccha ice-cream, anche se fuori ci sono zero gradi, le mie papille vanno in tilt e non possono fare a meno di assaporarlo.


Stessa cosa vale in qualsiasi locale, basta che contenga questa polverina magica nel menu.
Per esempio, allo Starbucks di Shibuya, spesso mio "quartier generale" per risolvere contrattempi o per riposare i piedini, il maccha-cream frappuccino è un fidato compagno di relax (mentre organizzavo gli spostamenti di Capodanno nella foto sopra, in alto a destra).
Per non parlare delle mille varianti che si trovano da Caffè Veloce (grazie Rob).

Se non altro, una droga naturale.

21 June, 2008

Vanilla coffee


Non ho mai capito il senso di andare a Little Italy (che peraltro non esite più). Più che a “ritrovare”, chi va a New York dovrebbe cercare e provare qualcosa di nuovo. Da appena alzato.
Le mattine che passo lì adoro fare colazione in uno dei tanti (bar? No, non saprei bene come chiamarli, comunque il mio preferito è il Cafe 28) locali che espongono muffins appena sfornati. Funziona così: si entra e si riempie self-service il cup. Spieghiamo subito una cosa: se metterete il tappo di plastica con il buco per la cannuccia siete stranieri, se ponete quello con l’apertura per essere bevuto camminando siete già più immedesimati nel way of life nuiorchese. Riprendiamo dal cup. Dovrete scegliere tra diverse combinazioni, io preferisco sempre il vanilla coffee (caffè aromatizzato alla vaniglia). Invece dello zucchero, uso solo bustine Sweet Low (quelle con la pantera rosa). A questo punto entro nell’area “dolci” e prendo a caso un muffin. Non voglio sapere quante calorie contiene (notare la contraddizione tra scelta del dolcificante a zero calorie e il dolce ipercalorico, tipica per certi versi dell’America). So solo che ogni volta è una sorpresa: cannella e mele, banana e noci, pure chocolate o vanilla e zenzero… L’espresso, non mi manca neanche per un secondo. Se poi anche voi diventerete muffin dipendenti, niente paura. Al supermercato, (provate il più grande di Manhattan, il Whole Foods Market di Columbus Circle o quello a Union square. Spesso all’entrata troverete della frutta esotica lavata e tagliata offerta alla clientela) potrete acquistare - a un dollaro - il preparato al vostro gusto preferito da portare in Italia. A quel punto, però, comprate anche il Sweet Low già che ci siete.

20 June, 2008

浅草。Asakusa e il suo fascino.


Nel lontanissimo 628, due pescatori tirarono su dal fiume Sumida una statuetta di Bodhisattva Kannon, la Dea della Grazia. La cosa fu vista come un inconfondibile segno dal capo del villaggio che, convertitosi al Buddismo, si fece prete e trasformò la sua dimora in un piccolo Tempio. Successivamente, nel 647, fu fondato il primo Tempio: il famoso Senso-ji. Negli anni e nei secoli il complesso si è andato man mano ingrandendo, e ora ospita numerosi Templi.
Asakusa è uno dei quartieri più visitati di Tokyo in assoluto, per i suoi famosi negozi per turisti e, soprattutto, per l'antico Tempio. Persone da tutto il mondo confluiscono continuamente nelle sue strade, respirandone l'aria magica e lasciandosi trasportare da quell'atmosfera festosa che pervade il quartiere per tutto l'anno.
Passata l'imponente Kaminari Mon (la Porta del Tuono), si percorre Nakamise-dori, che taglia l'omonimo complesso con i suoi negozietti colorati e chiassosi. Dolci, tessuti, ventagli, maschere, souvenir di tutti i generi e per tutte le tasche. Bancarelle di cibi deliziosi e profumati allieteranno i vostri acquisti (tra i miei preferiti agemanju, magari alla zucca).


In fondo alla strada la maestosa Hozo Mon permette l'ingresso al Tempio, conosciuto anche con il nome Kannondo. Nel piazzale antistante potrete comprare diversi omamori (portafortuna) e i vostri mikuji, bigliettini della sorte infilati in sottili bastoncini che si estraggono da una scatola dopo averla agitata per bene.
È buona abitudine bruciare dell'incenso e inalarne i vapori nel grosso braciere antistante al Tempio, facendo attenzione a non dare le spalle alla Dea Kannon.
Guardando il Tempio, sulla sinistra vedrete innalzarsi maestosa la Pagoda Gojyu-no-to (The Five Story Pagoda), che custodisce le ceneri e tavole votive dedicate al Buddha.


Imperdibile il Sanja Matsuri (Festa dei Tre Templi), uno dei tre più famosi Festival Shintoisti in Giappone, celebrato ogni anno durante il terzo weekend di Maggio e dedicato agli spiriti dei tre uomini grazie ai quali fu data origine al Tempio.

18 June, 2008

Hic et nunc a Bedford Ave.

Anni fa, oltrapassai il ponte di Williamsburg e mi ritrovai in un pezzettino di Brooklyn abbastanza anonimo. L’unica attrazione furono il quartiere fatiscente abitato solo da ebrei hassidici con le basette allungate a boccolo e Domsey’s. Un palazzo di sei piani dedicato all’abbigliamento usato, ora trasferito chissà dove.

Oggi, invece, dalla fermata di Bedford Avenue a quella di Marcy Ave. (20 minuti a piedi senza fermarsi) vi troverete a percorrere la strada della creatività in fermento. Incontrerete artisti di strada, murales originali, negozi vintage autentici e appetibili (di solito sembrano solo l’armadio di mia nonna), insegne pubblicitarie rimaste in piedi dagli anni 50.

Vi consiglio il Surf Bar per l’aperitivo (guardate il sito vi prego) e una scenografica cena al fantastico Thai Sea.

E non sorprendetevi se noterete delle macchine fotografiche parcheggiate nella pausa caffè sui tavolini di adorabili baretti. Qui tutto cambia ogni minuto. Qualcuno dovrà pure immortalare questa vitalità culturale, no?

Certo, non è la Factory. Ma da una parte per fortuna (ho visto da poco il film sulla storia di Edie Sedgwick, musa di Andy Warhol, lasciata dallo stesso al suo tragico destino. Film consigliato).

17 June, 2008

福都心線。Da Shibuya a Ikebukuro in un clic.


Dal 14 giugno è finalmente attiva la nuova linea della Tokyo Metro chiamata Fukutoshin-sen, nata per affiancare la congestionatissima tratta che collega Shibuya alle stazioni nord-ovest di Shinjuku e Ikebukuro, collegate fino a sabato scorso "solo" dalle tre linee della JR East Yamanote, Saikyo e Shonan-Shinjuku.
La Fukutoshin-sen si estende a nord-est fino a Wakoshi, nella prefettura di Saitama, condividendo la tratta con la sorella maggiore Yurakucho-sen a partire da Ikebukuro. Dal 2012, invece, condividerà il capolinea di Shibuya con la Tokyu Toyoko-sen, la linea che abbraccia l'intera baia sud-ovest fino a Yokohama.

15 June, 2008

Popcorn&Chocolate.


La serendipidità è la “capacità di cogliere e interpretare correttamente un fatto rilevante che si presenta in modo inatteso e casuale nel corso di una ricerca.” Se volete approfondire l’argomento e nello stesso tempo vedere tanta Manhattan, allora noleggiate Serendipity, Quando l’amore è magia. Il titolo (vi avverto è una commedia leggera e anche un po’ smielata) si riferisce alla capacità sopraccitata, ma anche a un famoso bar sulla 60th Street, dove servono uno strepitoso frozen hot chocolate. Parlando con il gestore di un locale romano, ho scoperto che i proprietari sono italiani. No, non è il bar di Harry ti presento Sally, quello si trova al 205 della East Houston, nel Lowes East Side. Potete ammirarlo nella foto.

14 June, 2008

鞄。Paese che vai, borsa che trovi.


Per un'appassionata di borse e accessori come me, un salto al punto vendita di Yoshida & Co dentro OIOI City di Shibuya è come una visita obbligata al Tempio.
Uno stile sobrio ma inconfondibile caratterizza da sempre le collezioni di questa azienda tutta giapponese, dal 1935 leader nel settore della pelletteria. Borse grandi, comode e indistruttibili, reversibili o invisibili e, soprattutto, bellissime. Portafogli di pelle o di stoffa che non temono lo sguardo intransigente di chi ama la perfezione dei dettagli.


È griffata Porter, brand principale commercializzato dal 1962 da Yoshida & Co, la superaccessoriata wire messenger bag che l'estate scorsa ha spopolato tra i bikers giapponesi.

10 June, 2008

I'm a part of it.

Consiglio di leggere questo post ascoltando New York, New York interpretata da The Voice.

Per quanto sia amante dell’area sotto la 42esima (quella dove le case e i prezzi si abbassano rispetto all’Upper), devo dire che stare davanti al celebre e appena riaperto Hotel Plaza – un attico qui costa 50 milioni di dollari – con alle spalle il negozio della Apple e a destra l’inizio di Central Park provoca sempre una certa emozione. Sfido chiunque a non lasciarsi prendere anche solo per un secondo dal fascino della Grande Mela, dove tutto è possibile, come dimostra questa foto scattata davanti al negozio della Sony (a Madison Avenue). Vi assicuro che non è stata ritoccata, ma è proprio un attimo rubato alla città. Essendo anche internet un luogo magico, se qualcuno dovesse riconoscere i due passanti è pregato di comunicarmelo. Mi vengono i brividi a pensare che non vedranno mai questo scatto.

08 June, 2008

Mori Art Museum. Al 53esimo piano, una finestra sul mondo.


Se amate l'Arte, ma proprio quella con la "a" maiuscola, durante la vostra visita al meraviglioso complesso di Roppongi Hills non mancherete di fare un salto al Mori Art Museum di Tokyo.
Aperto al pubblico dall'ottobre del 2003, si è sempre differenziato per l'originalità e la vastità degli eventi che ospita, tra mostre e retrospettive che si affacciano trasversalmente su tutto il mondo.
Il MAM è posizionato al 53esimo piano della Mori Tower, la torre più alta del complesso, in un punto visibile da tutta Tokyo. All'interno potrete respirare un'atmosfera cosmopolita e sempre nuova in perfetta linea con Roppongi, l'attraente e lussuoso quartiere che ospita le Hills.

Attualmente è in corso una retrospettiva sui vincitori del Turner Price, il prestigioso riconoscimento britannico nel mondo dell'arte moderna ospitato alla Tate Britain, con un interessante viaggio nel corso degli ultimi 23 anni.

L'anno scorso mi colpì molto la mostra The Smile in Japanese Art, per l'originalità del tema e la divertente grafica che contraddistingue la web page degli eventi del MAM.


Nel 2006, invece, ho avuto modo di visitare African Remix, una superlativa presentazione dell'incredibile ricchezza culturale del Continente Nero, sconosciuta ai più e già presentata precedentemente alla Hayward Gallery di Londra e al Centre Pompidou di Parigi.

07 June, 2008

Il mondo visto da una cucina.


Cucina, lettura, avventura e New York. Se amate queste parole, il vostro libro è Kitchen Confidential di Anthony Bourdain. Lo chef (forse ora ex) del Les Halles - ristorante francese a South Avenue e a 15 John Street – racconta la sua incredibile biografia con alcuni piatti forti, quelli che svelano i segreti delle cucine nei ristoranti, come evitare fregature (mai ordinare pesce di domenica!) e come appare il mondo visto da questo posto fantastico, e nello stesso tempo turbolento, che sono gli occhi di un grande chef. Se poi, come spesso capita, non siete ancora sazi di girare le cucine del mondo con Anthony, continuate pure con la visione di No Reservation (cliccate per vedere la puntata sulla Corea), trasmesso da Sky, o leggetevi Viaggio di un cuoco e Avventure agrodolci (Ed. Feltrinelli viaggi), sempre scritti da lui. La curiosità: fu assaggiando un'ostrica a nove anni che capì quale sarebbe stata la sua vocazione.

05 June, 2008

寿司の美登利。For All Sushi Addicted.


Dopo una sana mattinata di shopping da Parco a Shibuya, se nel vostro portafogli dovessero casualmente avanzare ancora 3000 yen (circa 20 euro), imbucatevi da Mark City e recatevi al 4F. Niente di meglio per le vostre papille, che saranno ben felici di essere accarezzate dalle delizie gastronomiche di Sushi no Midori.
Il ristorante principale di questa catena si trova a Setagaya (Umegaoka), con diversi ristoranti sparsi per Ginza e Tamagawa.
Infilarsi in questo delizioso angolo di paradiso è un obbligo per tutti gli amanti del sushi. Leggermente tendente a soddisfare il gusto degli occidentali (soprattutto nell'utilizzo di ceramiche di foggia moderna piuttosto che i tradizionali geta), offre innumerevoli combinazioni di sashimi, nigiri e maki; un pesce dal gusto freschissimo e delicato che vi si scioglierà in bocca.
La mia combinazione preferita è quella della foto sopra, ma ai più coraggiosi in termini di grandezza consiglio il meraviglioso futomaki con ben 16 tipi di ripieni, dal pesce alla verdura.
Qui di seguito la foto scattata con il cellulare durante l'ultimo raid...

L'attesa è di almeno 30 minuti (10 dei quali seduti comodamente a consultare il menu). Perciò munitevi di pazienza o, meglio ancora, di un'ottima compagnia.

03 June, 2008

Ai piedi di Manolo.


Non me la sono sentita di non menzionare Sex and the City. Un po’ per la recente uscita del film in Italia, un po’ per il nome che ha ispirato questo blog.

Non vedo l’ora di gustarmi i trecento cambi di abito concentrati in 120 minuti di grande schermo e, se potessi scegliere, vorrei andare a vederlo con la Kinsella.

La costumista, la mitica ultrasessantenne Patricia Field, si è divertita come non mai e il suo negozio a Manhattan sulla Bowery è ormai una meta forzata per le fashion victims.

Ma lo shopping perde di senso senza una visita a Manolo Blahnik, un caveau delle calzature seminascosto sulla 54°, che ha accompagnato molti abiti di Carrie (Sarah Jessica Parker). Credetemi. Ciò che si prova davanti alla sua vetrina assomiglia a quello che a pochi isolati più in là si prova di fronte a le Mademoiselle d'Avignon (al Moma).

追い越し。Il sorpasso.


Il logo Michelin da sempre rievoca in me odore di gomma e asfalto incandescente, ma questa volta il Gran Premio si è corso tra le pagine di una più che nota guida gastronomica. Stiamo parlando della Guida Michelin, la bibbia dei gourmet worldwide.

Qualche mese fa la prima edizione della Guida Michelin asiatica ha sconvolto il mondo dei buongustai: con un totale di 191 stelle su 150 ristoranti, la Capitale del Sol Levante ha sbaragliato la campionessa indiscussa da sempre, ovvero la Cité Lumière.
Sono solo 8 i ristoranti fregiati del maggior riconoscimento (tre stelle), tra i quali 5 ristoranti francesi e 3 giapponesi (2 di Sushi del centro di Tokyo che proverò al più presto).
Un team composto da 3 europei e 2 giapponesi ha visitato nell'arco di un anno e mezzo 1500 dei 160.000 ristoranti presenti a Tokyo, giudicando in base a precisi parametri l'eccellenza per quanto riguarda la cucina, il servizio, la presentazione dei piatti e l'aspetto del ristorante.

Ma perché non mi hanno chiamata??? ^^

01 June, 2008

Buddakan forever


I veri frequentatori e amanti della City sanno che le mode sono talmente passeggere che un locale può sparire - anzi deve se vuole entrare nel mito - nel giro di poco tempo. Speriamo che ciò accada il più tardi possibile al ristorante più trendy del momento, il Buddakan (modern asian cuisine). Situato nel trendy quartiere del Meatpacking district, tra la 17th e la 12th, rappresenta una perfetta intuizione architettonica, all’insegna del design e dell’originalità. Un capolavoro di watt illumina la grande sala centrale, dai soffitti altissimi e dai lampadari imponenti; i corridoi hanno un’illuminazione più soft, ma non per questo meno suggestiva. I gamberoni in salsa Singapore sono deliziosi, come i noodles al granchio e i prezzi con l’attuale cambio accettabili (cena completa 70 euro al massimo). Il bagno è tutto laccato nero, dal pavimento ai sanitari. Prenotare con almeno due tre giorni di anticipo, altrimenti, passate semplicemente per un aperitivo e se vi è possibile, niente sneakers.
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