29 July, 2010

富士山に登る。Alla conquista del Fuji-san (reloaded)


Avete presente quel meraviglioso monte dalla cima innevata che faceva capolino nei cartoni animati giapponesi che vedevamo da bambini? Immancabile in ogni rappresentazione del Giappone, tanto amato da essere soggetto di ben 36 vedute artistiche del grande Maestro Hokusai. Ebbene, si tratta di un maestoso vulcano.

Ogni anno, dal 1° luglio al 31 agosto si apre ufficialmente la stagione per recarsi in visita alla montagna-santuario più alta del Giappone (3776 metri).
Pare che ogni anno siano in tantissimi a cimentarsi in questa estenuante impresa: secondo i dati del 2009, lo scorso anno è stato toccato il record, con più di 300000 visite e il classico picco nel weekend dell'Obon (festa che coincide con il nostro Ferragosto). vediamo cosa succede quest'anno.

Con una manciata di giorni di riposo a disposizione, anche la vostra Zen lo scorso anno ha colto l'occasione per scalare il maestoso kazan.

foto di Yuichiro Watanabe

Vestita a cipolla, scarpe da trekking e zaino stipato di acqua, caramelle e cioccolatini, mi sono cimentata in una delle arrampicate più famose del mondo.
La scalata al Fuji-san è scaglionata in 9 livelli, chiamati go-me. Ogni livello è provvisto di una fornita area di sosta, con bar, toilette e pronto soccorso; è inoltre possibile pernottare in spartane baite. Il quinto go-me è l'ultimo punto in cui si può arrivare con i bus e i servizi di collegamento con la valle, è perciò il più gettonato per iniziare la scalata.
Tempo stimato per l'ascesa: 9 ore. Il ritorno si compie in metà tempo ma la discesa è particolarmente ripida.


All'inizio l'impresa può sembrare facile. Infatti, nonostante il terreno sia sterrato, la salita non è particolarmente ripida e gli alberi regalano un po' di ombra.
Inoltre, i recenti lavori stradali hanno arricchito il percorso con gradoni facilmente praticabili anche dai bambini.
Dal sesto livello, però, la strada si fa improvvisamente ripida e scoscesa. L'aria è ancora ricca di ossigeno e con un po' di costanza si può arrivare al settimo livello, ma si è a meno di un quinto dell'estenuante percorso che porta in cima, e sono in molti gli scalatori che si arrendono al livello successivo.

Con il naso all'insù

Man mano che si sale in cima l'aria si fa sempre più rarefatta e le rocce vulcaniche prendono il posto della strada sterrata.
Piante e insetti si fanno sempre più rari, il cielo è offuscato da dense nubi.
Ci si ritroverà presto a scalare con mani e piedi; nelle zone più dure sono presenti catene e maniglioni piantati nella roccia a cui aggrapparsi.

Sul tetto del Giappone

Arrivati all'ottavo livello, il panorama si fa davvero surreale. Se si guarda in giù ci si spaventa per l'infinità della strada percorsa, ma il tratto più difficile deve ancora arrivare e la vetta non è ancora visibile. Potrebbe definirsi in qualche modo il punto di "non ritorno": la stanchezza rende un incubo anche la discesa, e con un po' di riposo i più orgogliosi potranno riprendere fiato per portare a termine l'arduo compito.

il torii del nono go-me

Gli ultimi 200 metri in altezza sono in assoluto i più duri, e richiederanno almeno un'ora per essere completati. Intorno a voi roccia nera, polvere e pochi scalatori superstiti che, come voi, hanno intenzione di oltrepassare quel meraviglioso torii bianco lassù in cima.


La visione dell'enorme cratere, imbiancato di neve e ghiaccio anche in piena estate, vi riappacificherà con il mondo. Ma niente è paragonabile all'alba che potrete ammirare soltanto il giorno dopo.

20 July, 2010

Taxi Driver


Sono circa tredicimila. Per questo, se alzate un braccio, è quasi matematico che nel giro di un minuto se ne fermi uno. Sto parlando dei famosissimi taxi di Manhattan, gli yellow cabs. Alcune raccomandazioni: a parte fare attenzione ai diritti di precedenza (assicuratevi di non rubare il taxi a qualcuno che aspettava da prima di voi), ricordate di essere molto precisi nel comunicare il vostro indirizzo: non basta dire la via, ma dovrete specificare la cross street (cioè la via più vicina al numero civico che vi interessa che incrocia la strada in cui siete diretti). Esempio: se dovete andare sulla Quinta al numero X, non serve dire Fifth Avenue numero X, sarebbe meglio “Quinta tra la quarantacinquesima e la quarantaseiesima”. Comunque, esiste un video per i turisti che spiega esattamente come prendere un taxi a Manhattan: How To Take a Cab in New York City.


La verità è che gli autisti dei taxi sono per la maggior parte pakistani, o provengono da posti lontanissimi, e nessuno capisce un tubo di inglese, quindi alla fine, anche questo meticoloso video lascia il tempo che trova.


Quello che invece trovo molto interessante, sono le numerosissime storie legate ai taxi di New York. A partire dai film: tutti abbiamo visto Taxi Driver con un indimenticabile De Niro.
In meno abbiamo visto per fortuna la pellicola con Gisel (sì sì la fotomodella) in New York Taxi
una parte ricorderà l’episodio newyorkese del film Tassisti di Notte. Tutte storie taxi addicted.
Anche se il tassista che mi piacerebbe incontrare resta sempre lui, il mitico George del video Father Figure (1987).


Ma ce ne è una in particolare, che mi ha divertito particolarmente ed è quella di Melissa Plaut. Qualche anno fa, Melissa, una laureata trentunenne americana, era impiegata come copywriter presso un’agenzia famosa di Manhattan, ma evidentemente, l’ambiente pubblicitario non le dava più stimoli, così, lasciò tutto e iniziò a fare la tassista a New York, annotando, fotografando, e trascrivendo tutto ciò che incontrava in questa sua nuova vita vista da un sedile di un’auto sul suo blog NEW YORK HACK.


Il suo sito divenne seguitissimo da tutta Manhattan (pare che uno degli scioperi più rispettati sia stato annunciato proprio con un suo post) e alla fine Melissa ha raccolto tutto in un libro, vendutissimo in America, intitolato How I Stopped Worrying About What to Do With My Life and Started Driving a Yellow Cab (come ho smesso di preoccuprami di cosa fare della mia vita e ho cominciato a guidare un taxi) e ora fa la scrittrice. Repubblica scrive riguardo alle storie contenute nel libro:

Dalla donna sulla trentina "decisamente molto incinta" che passa il tempo a cambiare idea su dove vuole essere portata mentre sta al telefono e, una volta messo giù, si scusa: "Mi dispiace ma mio marito continuava ad urlarmi ordini per telefono". Alla bionda affascinante sulla ventina che continua a chiacchierare al cellulare con qualcuno che sta da Burberry's e racconta di una litigata del suo amico Aaron con Jordan, ma proprio sul più bello scende: "E tristemente, non saprò mai come è andata a finire, maledizione", dice Melissa (intervistata dalla CNN).


Ma passiamo a un altro miniracconto divertente, che leggo su Newyorkesi di Tiziana Nenezic, libro che consiglio spassionatamente a chi vuole conoscere il New York’s way of life più autentico:

“tra i miei episodi newyorkesi preferiti mi sento in dovere di includere quello che ha come protagonista il disco-taxi, un yellow cab che si aggirava per il Village fino a non molto tempo fa con tanto di palla strobosopica, misica anni Settanta e una cornucopia di cioccolata, leccalecca e caramelle che andavano dai classici Mars ai Chupa-Chupa al mou. Che figata! Il tutto, musica, dolciumi e verve del tassista, totalmente gratis…"

Certo, più ripenso a Melissa e più mi dico che anche io faccio la copywriter e ho la patente. Mi mancherebbe solo il coraggio di viaggiare di notte con dei perfetti sconosciuti...

06 July, 2010

煎餅。Senbei, i crackers delle meraviglie (reloaded).


Chiunque si avvicina alla cultura giapponese rimane subito affascinato dalla cura con cui qualsiasi oggetto viene realizzato, sia nella forma che nei colori.
In ambito culinario, chissà perché, si pensa in genere che le cose troppo belle non possano avere un buon sapore, invece... che sorpresa quando assaggiai per la prima volta i senbei, i tradizionali crackers di riso giapponesi.

Più o meno tutti i giapponesi bevono regolarmente tè verde giapponese, generalmente accompagnato da piccoli dolcetti dalle forme graziose e delicate, che stemperano il gusto a volte troppo amaro di questa preziosa bevanda; ma in Giappone si usa anche abbinare minuscoli snack salati durante la degustazione del tè (o della... birra).

I senbei si dividono in diverse tipologie per forma, colore e gusto (esistono anche 15 tipi di senbei dolci); tra quelli salati sono degni di nota gli arare, tipici dello Hinamatsuri (la festa delle bambine, celebrata ogni anno il 3 marzo) ma consumati durante tutto l'anno, e non troppo difficili da reperire nei nostri japanese & korean market.

Tra i kyo-arare ci sono i bellissimi hana-yose. Croccanti corolle con polvere di aonori, ma anche i dolci zarame, con zucchero cristallizzato. Oppure bocconcini avvolti in sottili foglie di alga nori, o piccole foglie delicatamente aromatizzate all'alga konbu...


E ancora fragranti salatini al goma (sesamo), oppure al kuromame (fagioli neri), di cui sono veramente addicted.


Per non parlare dei deliziosi e croccanti crackers a forma di sakura, al gusto di ebi (gamberetto).
Vi avviso, però. Dopo il primo crackers, difficile fermarsi...
Related Posts with Thumbnails