27 July, 2009

Anche New York va in ferie: Bufale a Barcellona

Oggi vi porto a Barcellona, visto che mi ci trovo, e vi propongo un racconto dedicato al viaggio e al gusto:


Barcelona posat guapa, "Barcellona fatti bella". È questo il motto della città che conosco in molte delle sue manifestazioni più segrete. Sì perché dopo la Sagrada Familia, il Museo Picasso, Placa Catalunya… ci sono un'infinità di lati nascosti da scoprire. Uno dei più belli, purtroppo, non c'è più. Si trovava a Calle St. Judici, proprio una di quelle stradine popolari della Barceloneta.

Carmen teneva sempre la saracinesca della sua casa/ristorante semi-abbassata, ma la apriva a braccia aperte quando una persona le andava a genio. La sala avrà avuto al massimo cinque tavoli, un pianoforte e in alto infinite mensole abitate da gatti panciuti.
Tra un pulpo a la Gallega e i cannolicchi alla brace (e fiumi di vino, ovviamente), la serata sembrava una piccola magia, e la maga era Carmen, che mai dimenticava di raccontare l'aneddoto sulla visita di Almodovar e Fellini al suo locale.


Ma un giorno traslocò a La Coruña, lasciando i suoi fan a bocca asciutta, in tutti i sensi.

Tra le varie esperienze che Barcellona può offrire, una delle più inesplorate è la ricerca di un buon fornitore di mozzarella di bufala.


Per esperienza vi dico: alla Boqueria comprate solo tutto il resto. Se cercate una buona mozzarella una possibilità è questa: qualche traversa prima dell'incrocio con Traversera de Gracia (stando su Gran de Gracia). Questa tienda è nuova, non mi pare di averla mai vista prima. Pasta Gragnano, salsa di pomodori secchi (chi la apprezza deve assolutamente provare la salsa tipica catalana, la Romesco) e in fondo, in splendida forma ovoidale, una mozzarella di bufala che almeno all'apparenza convince tutti.


Per ora è lei a detenere il titolo di migliore bufala catalana. La sua consistenza aveva mantenuto l'equilibrio tra densità e liquidità. Non trovando l'Asprigno, però, abbiamo optato per un Albariño, un vitigno gallego, minerale, con forte personalità.
Barcellona fatti bella e donaci un'altra buona mozzarella. Hasta pronto.

22 July, 2009

野沢温泉。Nozawa Onsen. Non solo terme.

Chi ci segue da un po' di tempo, forse ricorderà che lo sport invernale preferito di Zen è il lancio di palle di neve (passeggiare mangiando delizie è invece lo sport che pratico tutto l'anno). Lo avevo accennato in questo post, dove avevo anche segnalato alcune famose località sciistiche raggiungibili da Tokyo in poco tempo.


Data la presenza di particolari sorgenti termali che apportano diversi benefici a seconda della temperatura, le visite non mancano mai durante tutto l'anno. Le numerose sorgenti calde naturali rendono questi luoghi un po' surreali. La cittadina di Nozawa, per esempio, si arrampica per le pendici della montagna che sbuffa vapore da ogni parte.

foto by Yuichiro Watanabe

Le ripide stradine di Nozawa brulicano di persone in yukata (abito di cotone informale) e geta (i tipici sandali di legno). Sguardo sereno e asciugamano sotto braccio, vi dimenticherete del make-up e della messa in piega. La vostra unica missione sarà quella di immergervi nelle diverse onsen segnalate dalla mappa turistica, ma non dimenticatevi di provare una singolare esperienza: tamago onsen.

foto by Yuichiro Watanabe

Si tratta di uova bollite nell'acqua termale. Immergetele nell'acqua calda e in soli 3 minuti il vostro spuntino sarà pronto. Le uova sono vendute nei negozietti adiacenti alle sorgenti, consegnate nel loro particolare cestino di vimini, che alla fine andrà restituito.


Le sorgenti sono accessibili a qualsiasi ora del giorno e della notte, e divise in stanze separate per uomini e donne. L'importante è rispettare alcune semplici regole di educazione all'interno di esse: basterà evitare di fare chiasso e immergere il proprio asciugamanino nell'acqua comune.
Per tutto il resto, la parola d'ordine è relax.

17 July, 2009

Due passi nell’isola che non c’è più

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Guerrieri... giochiamo a fare la guerra?
(Luther ai Guerrieri quando li raggiunge a Coney Island)

Il mare d'inverno. Una sensazione che rende malinconici: sembra di vedere le ragazze in costume, i cocktail colorati, i bagnini che soccorrono impedite signore e bambini che giocano con le formine. Invece, di inverno, è tutto fermo e si sente solo il meraviglioso rumore del mare. Moltiplicate questa sensazione di malinconia di perdita per milioni di volte e capirete cosa significa oggi ritrovarsi a Coney Island.


Questa penisola a ovest di Manhattan vanta una storia davvero gloriosa. Oltre ad essere stato un centro di villeggiatura molto in voga all'inizio del secolo, qui è nato l'hot dog, il Luna Park, ed è stato girato un film cult, I Guerrieri della notte (e poi sarà vero che in nome di Conegliano veneto derivi proprio da questa località?). Una storia che finì in seguito ad un incendio che nel 1932 costrinse gli abitanti ad abbandonarla.


Quando si scende dalla metro, le vetrate della stazione sono colorate e hanno delle raffigurazioni balneari o circensi: la bambina con il gelato, il giocoliere… ma siamo scesi a Disneyland? Bastano pochi passi per rendersi conto di quanto questo sia uno dei posti più fatiscenti (e mi hanno confermato anche più pericolosi quando cala il sole) di New York.


Mentre si attraversa la strada principale per raggiungere la spiaggia, nella mente di chiunque partirà una musichetta da giostra, inquietante quanto ripetitiva. Al nostro fianco, ci lasceremo alle spalle ex hotel, ex ristoranti, ex botteghe. Come se non bastasse in alcuni casi non si capisce se ci troviamo davanti a un garage abbandonato o a un magazzino effettivamente in uso.


I muri scrostati mantengono ancora la vivacità del poco colore rimasto, Coney Island doveva essere blu, rossa, arancione un trionfo di luci. Ed ora ecco qui un posto che inspiegabilmente è abbandonato a se stesso, anzi in mano alla criminalità russa.


Quest’aria priva di respiri diventa insopportabile alla vista del celebre Luna Park con la grande ruota. Ci si immedesima nei meccanismi arruginiti e l’unico desiderio è quello di correre verso il mare.

La spiaggia di Coney Island è bellissima. Larga, di sabbia. Si respira qui, e il mare ancora è vivo, per fortuna.


Non ci ritornerò, se non quando la ristruttureranno (mi dicono degli italiani di Brooklyn che potrebbero arrivare le sovvenzioni statali necessarie a renderla nuovamente una località divertente e vivace come un tempo). Ma sono stata contenta di aver spezzato l'ansia di futuro della City, con questa vecchia foto in bianco e nero, dove la ruota gira, gira, gira...senza muoversi di un centimetro.

12 July, 2009

価格競争。Il Sol Levante e la guerra dei prezzi.


Siete a Tokyo e in piena notte vi viene voglia di mangiarvi un bel ghiacciolo? nessun problema. Ventiquattro ore su ventiquattro ci si può recare al conbini più vicino e fare incetta di ice-cream, semifreddi e ghiaccioli di tutti i tipi, compresi i famosi Haagen Dazs che ormai sono distribuiti anche sulla Luna.
Ma torniamo alla parola "conbini". Rappresenta un tipico mini-market che offre al pubblico qualsiasi prodotto, dal food al bricolage, dalle riviste ai prodotti di cancelleria e via dicendo. La definizione conbini nasce dall'abitudine tanto amata dai giapponesi di contrarre i nomi, soprattutto stranieri, e produrre nuove parole. Nel nostro caso, conbini viene dall'abbreviazione di "convenience store".

Ma di conveniente questi negozi non hanno proprio niente, se vogliamo dirla tutta. Certo, possiamo comprare a poco prezzo cibi già pronti e impacchettati e, soprattutto, a qualsiasi ora; ma la sottile differenza è ben celata soprattutto in questi prodotti di piccolo taglio, quali gli onigiri o i bento pronti da portare via. Se appunto entriamo in un qualsiasi supermercato istituzionale, non sarà difficile trovare lo stesso tipo di prodotto all'esatta metà del prezzo. Per non parlare poi della vecchia ma ormai caduta in disuso abitudine di comprare gli ingredienti e prepararsi le cose con le proprie manine. Ma qui sconfiniamo in un discorso infinito sul tempo, che in Giappone chissà perché manca sempre.

fonte www.peacock.co.jp

In seguito alla crisi finanziaria che ha investito tutto il mondo, tra i primi a non perdersi d'animo troviamo chiaramente i giapponesi. Dalla scorsa primavera è iniziata una vera e propria battaglia a suon di spot e affissioni pubblicitarie, che ha visto trasformarsi in convenienti anche i supermercati più chic di sempre. Una nuova veste votata alla qualità, e via verso la rinascita.


Chiaramente in pochi ci sono caduti, e chi ha speso un po' di tempo a confrontare i prezzi in giro si è subito accorto dei vari tranelli sparsi qua e là. Complice il recente abbattimento del divieto di comparazione, troviamo in prima linea i supermercati Seiyu con la loro aggressiva ma simpatica campagna "I love KY", che dietro le iniziali di kakaku yasuku (qualità a prezzo contenuto) si rivolge sarcasticamente a coloro che in slang giapponese vengono definiti "KY" (kuki yomenai), ovvero i nostri fissati con il brand o con l'immagine, insomma tutti quelli che, piuttosto che il contenuto, guardano l'apparenza senza accorgersi che il mondo (soprattutto dei prezzi) cambia.
Fortunatamente, grazie alla massiccia rieducazione ecologica che sta investendo da qualche anno l'Arcipelago, oggi non è più chic girare con i sacchetti di plastica di quel o quell'altro supermercato.
E anche Zen loves KY ;)

06 July, 2009

"Dove il mondo è di casa"

Quando preparo i post per questo blog, spesso li scrivo tre quattro giorni prima della loro pubblicazione, per avere il tempo di rileggerli. Questa volta avevo scelto di parlare di fotografie. Immaginate la mia sorpresa quando ieri, aprendo il giornale, ho letto di una mostra fotografica dedicata a New York che ribadiva lo stesso concetto che chiudeva il mio post: citando Eraclito, infatti, dicevo che NY è come “un fiume che è sempre lo stesso ma non è mai uguale”. Leggo a pagina 30 ne La Repubblica di ieri*: Un luogo che è sempre uguale e continuamente diverso. Dopo questa premessa che non potevo omettere, torniamo sulle Avenues.


Quale sarà la città più fotografata del mondo? Sicuramente New York è nella top list. La Statua della Libertà, l’Empire State Building, Central Park. Quante foto digitali e non esisteranno di questi soggetti nel mondo? Milioni. Ma a New York, secondo me, le foto più belle sono quelle irripetibili. Quando la magia della città riesce a entrare nella macchina fotografica può succedere di tutto, ad esempio questo:

I due passanti ignorano il loro essere perfettamente impaginati alla vetrina del Sony Store che stanno fiancheggiando. Ovviamente, la foto è photoshop-free.

Non sono una fotografa professionista quindi scatto quando ne sento il bisogno ma non uso particolari tecniche (filtri, zoom speciali, ecc.) ma il movimento e la dinamicità della metro in corsa che si intravede mi ricorda un quadro futurista.

Secondo me questo parcheggio è perfetto. Per non parlare della ragazza...

Il mio consiglio, quindi, se andate a New York è quindi quello di fotografare anche cose all’apparenza insignificanti. Solo così potrete sentirvi davvero a part of it.

Se poi vi trovate dalle parti di Rovereto, allora non perdetevi la mostra
150 scatti scattati dal 1893 e il 2002 in arrivo dal MOMA, al Mart dal 10 luglio all'11 ottobre.


* articolo Dove il mondo è di casa, di S. Ginzberg

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