25 April, 2009

Il Seaport, la nuova vecchia New York: 2ª PUNTATA


Spesso le persone mi chiedono: ma è vero che non esiste più Little Italy?
Giudicate voi da questa foto scattata a Mulberry Street... Quanto vi sembra italiana? E avrete la risposta. Oggi a Grand Street ci sono ancora le insegne di caffe cicciuzzo e ristorante Alfredo’s ma a servire ci sono camerieri slavi e i tavoli sono occupati da stranieri che bevono brodosi cappuccini alle sei di sera.


Invece, anche se non amo andare nei ristoranti italiani all’estero, mi sono dovuta ricredere. Mi è bastato pranzare da Barbarini Alimentari. Torniamo quindi al Seaport.


Ristorante, bar e negozio. Il proprietario si chiama Claudio (Abruzzese di Sanremo) e nonostante viva da vent’anni a New York ha conservato perfettamente la sua italianità. A cominciare dalla lingua, che non è mai intercalata da You know, come spesso accade agli italiani che vivono in America da tanti anni.

La struttura è nuova, perché da poco tempo il governo ha concesso licenze e sovvenzioni per rilanciare questa parte per troppi anni trascurata di Manhattan. Una zona che, come dicevo nella prima puntata dedicata al Seaport, era una volta un porto vivissimo.

Il colore del pane e il profumo di rosmarino danno subito un tocco very mediterranean al locale.


Mozzarelle di bufala fresche, affiancate dalla salumeria più nostrana e un menu gustoso dedicato alla nostra gastronomia. In cucina c’è Antonello, chef sardo che mi ha deliziato con delle orecchiette cotte alla perfezione (nonché buonissime).


Qui tutti i prodotti arrivanno direttamente dall’Italia, come ho potuto constatare personalmente. E si respira un’aria davvero piacevole. Autentica, elegante e, soprattutto, made in Italy al 100%. Abbasso quindi i "rigatini" (vedi foto in alto).

Finisce qui questa bella passeggiata per il Seaport, una zona di Manhattan turistica, ma nuova e suggestiva. Non per niente, l'ultimo video di Tiziano Ferro è stato girato proprio qui.


20 April, 2009

Z&C People. Diario di una Maiko: a passeggio per Kyoto con Miriam Bendìa.


"Il tuo cuore
Ondeggia e muta

Come una marionetta.
Qualcuno, nell'ombra,
Tira i tuoi fili.
"

Dalla penna della giovane scrittrice Miriam Bendìa nasce Diario di una Maiko, edito da Casadei Libri, dal 3 febbraio 2009 in tutte le librerie. Un grande successo che unisce sogno e realtà, come ci spiega Miriam nella sua intervista su Canale 5.
I segreti di questo piccolo capolavoro in esclusiva per Zen and the City.
Miriam, da cosa nasce l'idea di raccontare la vita di una maiko dei tempi nostri, tramite il suo diario?

Dall’ammirazione, infinita, per una di queste fanciulle danzanti.
Ero a Kyoto ed era la primavera del sakura, passeggiavo per le vie incantate del distretto di Kamishichiken quando ho incrociato una figura ondeggiante su alti sandali di legno e avvolta in colorate ali di seta preziosa. Ho domandato e ho scoperto che si trattava di una maiko, di un’apprendista geisha. Solo molto tempo dopo avrei saputo il suo nome: Naosome.
I lenti accordi ritmici dei suoi passi simulavano i battiti del mio cuore, mentre la straordinaria bellezza del volto meravigliava qualunque casuale spettatore. La bocca era incantevole: sembrava una goccia di sangue che mandava bagliori alla luce del sole. Il luccichio purpureo rimbalzava da una ciglia all’altra e l’eco di ognuno di quei rimbalzi mi si ripercuoteva nel petto. Le mani erano affusolate e si muovevano in modo trasognato, come se l’animo dell’artista fosse altrove. Un’ignota energia le invadeva solo quando sollevavano con eleganza il prezioso kimono. Sorrideva. Ma non con lo sguardo. Era la prima volta che degli occhi mi impressionavano così intensamente. Il suo era uno sguardo indefinibile, quasi pervaso da una nera fiamma pronta a incenerire: profondo come un pozzo d’acqua senza fine ma infinitamente limpido.
Da quell’incontro ho cercato, in ogni modo possibile, di ascoltare e raccontare la sua storia prima attraverso il mio blog poi attraverso il romanzo che le ho dedicato.

Baika Sai Naosome (Kyoto, 25 Feb 2008) di Dave Lumenta® All rights reserved.

Quali sono gli ostacoli con cui un giovane scrittore si scontra durante la sua crescita? E che tipo di influenze hai avuto?
La Scrittura è una fonte infinita di piacere ma è anche una sfida e una lotta continua con se stessi e con la pagina bianca. Come in ogni battaglia, a volte si vince e a volte si perde. Ma questo è logico e naturale, fa parte del gioco!
Le complicazioni innaturali nascono invece quando lo scrittore prova a pubblicare ciò che ha scritto. A quel punto deve confrontarsi con le regole e le leggi non scritte del Mercato dei Libri che non sempre premiano il talento e l’onestà intellettuale.
Afferma Bee Ker: “I libri sono le finestre dalle quali l’anima guarda fuori. Una casa senza libri è come una stanza senza finestre”. I libri sono la vita: lo specchio della vita. Per questo oltre a scrivere i miei continuo a leggere, appassionatamente, quelli scritti dagli altri.

Se provo a pensarci non riesco a ricordare quando e come ho iniziato a scrivere, i diari, i racconti, le poesie. È qualcosa che ha sempre fatto parte di me, qualcosa che è nato e cresciuto con me, quasi senza che me ne accorgessi. Respiro, dormo, mangio, odio, amo e scrivo. Semplicemente. Scrivere è l’unica cosa che mi interessa veramente, nella vita, ed è ciò che più mi fa sentire appagata. Sono convinta che tutto questo in me non cambierà mai.
La scrittura è il mio modo di esistere. Scrivo, dunque sono.

Manaha misedashi, Tama okiya di Michael Chandler® All rights reserved.

In che modo è cambiata l'editoria dopo internet, secondo te? E come utilizzi gli strumenti mediatici per raccontare il tuo ultimo libro?
Un mio amico editore, ieri, ha ricevuto una mail da una ragazza affetta da una grave e rara malattia: Silvia non può toccare fisicamente la carta e quindi non può più leggere libri.
Ora si sta rivolgendo ai vari editori chiedendo loro di acquistare i volumi che la interessano in formato pdf, per poter continuare a leggere.
Internet è questo: è uno strumento in più, non un nemico dell’editore. La rete consente a loro di arrivare a quei lettori che prima non riuscivano a raggiungere e di promuovere ulteriormente i propri autori e le nuove pubblicazioni e al lettore invece permette di abbattere tante barriere inutili tra se stesso e il libro che vuole e l’autore e l’editore. Faticoso, rivoluzionario, rischioso, forse, dal punto di vista di alcuni ma decisamente più democratico, emozionante e coinvolgente, secondo me.
Personalmente attraverso il mio blog riesco ad avere un dialogo diretto e un vitale scambio emozionale con le persone che leggono i miei romanzi e ho il modo di aggiornarli, in tempo reale, sui miei nuovi progetti e sugli eventi culturali che organizzo.
Senza Internet il mio ultimo romanzo non esisterebbe poiché non avrei potuto condurre quel lavoro di ricerca né sarei riuscita ad intessere quelle importanti relazioni che mi hanno condotto fino al cuore di una okiya (geisha house).

Dedica un tuo libro a Zen and the City e spiegaci perché.
Non ho dubbi, vi dedico Diario di una Maiko perché il libro è ispirato dall’ideale dell’iki proprio come Zen and the City.
Ci racconta Kuki Shuzo: "L'iki è dunque la quintessenza (sui) della seduzione. L'iki ignora le mediocri certezze della realtà, osa mettere fra parentesi la vita reale, e mentre respira con distacco un'aria incontaminata si abbandona a un gioco autonomo, gratuito e disinteressato. È, in una parola, seduzione per la seduzione. La serietà e l'ossessione amorosa sono contrarie all'essenza dell'iki a causa della loro realtà e della mancanza di possibilità. L'iki esige un'anima disponibile al mutamento e libera, che abbia trasceso i vincoli dell'amore. Quella che dice preferisco il buio a una luna incerta è l'anima obnubilata dalla passione. Quella che invece dichiara di preferire la luna, seppure incerta è l’anima iki, che fa andare in collera l'innamorato".

Miriam Bendìa: o-zashiki di Marco Rospo® All rights reserved.

T
ra un libro e l'altro Miriam si dedica ad articoli e recensioni per siti letterari, quotidiani e riviste. Cura la regia di spettacoli teatrali e cortometraggi, organizza mostre fotografiche e pittoriche.
 Ha pubblicato, tra gli altri:
 Sarò la musa delle tue notti insonni (1996), Edizioni Beta; L’isola che c’è (2000), Pixel Press/Le Streghe; Ride il telefonino (2001), Stampa Alternativa; Editori a perdere (2001), Stampa Alternativa.

13 April, 2009

Il Seaport, la nuova vecchia New York 1ª PUNTATA

I locali a New York hanno una vita media molto bassa. Anche per questo alla fine di questa città non ci si stanca mai. Sembra sempre nuova, sempre diversa. Proprio pochi giorni fa ho scoperto, ad esempio, l’esistenza del Greenhouse “il primo locale (discoteca, piano bar e spazio eventi) della Grande mela completamente ecofriendly”, come ci racconta Marzia di Ecoaroma.

Ma a volte si scoprono dei veri e propri “pezzi” di città sconosciuti fino a pochi giorni prima. È il caso del Seaport, una piccola Pier 39 sorta a south Manhattan, proprio di fronte a Brooklyn, che merita davvero di entrare al più presto nelle guide sulla grande mela.

Grazie a delle sovvenzioni statali, è stato possibile ricostruire questa parte storica della città (ricordiamoci che la punta di Manhattan è stata la prima zona a essere abitata).

Ci troviamo a Fulton Street, a pochi blocks da Wall Street, in pieno Financial street, ma con scenari totalmente diversi.

Il Seaport si presenta come una piccola oasi turistica: ristoranti, negozi, mercatini, viali pedonali, e servizio taxiboat. Nel viale centrale c’è anche un Abercrombie&Fitch. Agli amanti del Brasile si consiglia una visita al museo dell'Amazzonia. Ma è davvero sorprendente vedere i grattacieli attraverso centinaia di alberi di barche a vela e sentirsi di nuovo in quello che fu un quartiere molto vivo fino alla prima metà del 1900.

Passeggiare per questa nuova New York è molto suggestivo, perché si possono vedere contemporaneamente Brooklyn e il ponte e la punta di Manhattan. ma soprattutto, si può andare da Barbarini e riscoprire il vero sapore dell'Italia made in New York...

12 April, 2009

Buona Pasqua da Zen and the City.

A chi trascorrerà una Pasqua all'insegna del riposo, probabilmente davanti al camino mentre fuori piove, oppure very chic come le uova di cioccolata firmate Armani; o, magari, una Pasqua no lamb come quella di Zen and the City.
Insomma qualunque Pasqua vi accingiate a trascorrere, a tutti voi che ci leggete con tanto affetto e ci sostenete da quasi un anno, auguriamo meravigliose Feste.
Per continuare a viaggiare, anche da fermi.

Buona Pasqua 2009.
Happy Easter 2009.
ハッピーイースター

07 April, 2009

Da Tokyo a Verona in un clic.


Aver mancato di poco l'omonima manifestazione a Tokyo mi ha felicemente costretta a non perdere il Vinitaly di Verona. Maestoso, pieno e, soprattutto, giocato in casa.

Il bel sorriso di the City, che mi ha accolta alla stazione, e la gentilezza del nostro cicerone Giorgio Boeri, hanno cancellato in un attimo la stanchezza del venerdì sera, complice una splendida e notturna Arena nei suoi profili di rosso ammonitico.
Colore, il rosso, che per me ha fatto da padrone per tutto l'evento. Soprattutto a tavola, nelle vesti di un superbo risotto all'amarone spolverato d'oro (il Giappone mi segue ovunque...) della trattoria Tre Marchetti, e in quelle del Pörlapà, Barbera d'Asti D.O.C. Superiore con cui ho accompagnato il delizioso piatto.

Sempre il rosso ha dominato nell'invito davvero speciale ricevuto dalla Casa Vinicola Zonin, che ha permesso a Zen and the City di partecipare alla degustazione verticale del prezioso Deliella, Nero d'Avola del Feudo Principi di Butera, magistralmente condotta dal direttore tecnico di Casa Zonin Franco Giacosa (altrettanto affascinante ma non discendente del mio amato Giuseppe).


Protagonista assoluto nei primi anni '80, il Nero d'Avola nasconde una storia incredibile e dal taglio verista, come ci racconta Franco Giacosa nel blog di Casa Zonin Wine is love. "Le grandi emozioni arrivarono negli anni ottanta, con gli straordinari risultati delle prime esperienze di affinamento in barrique di quel Nero d’Avola che dimostrava di avere struttura adeguata per un affinamento importante [...]. Scoprimmo un vino dai tannini di seta, finissimi, capaci di dare corpo al tono fruttato del vino e quindi portare a quell’armonia che in molti come me reputano essere l’unico vero parametro di eccellenza di un vino".
Per me una vera scoperta il Deliella dell'ultima annata in scaletta, il 2001, rude e sincero con il suo profumo di sale e alici che si apre all'olfatto. Un ringraziamento speciale al mio dirimpettaio Aldo di Consumazione Obbligatoria per avermi aperto un mondo con le sue parole.

La mia giornata è felicemente proseguita accanto alla mia maestra dei bianchi Stefania, che mi ha concesso di seguirla durante la sua eno-staffetta. Immancabile per lei una visita allo stand di Vie di Romans, la sua cantina preferita, e un saluto allo stand della Casa Vinicola Giusti, che ci ha presentato il suo Le Rose di Settembre.


Sono anche riuscita a visitare una delle mie cantine preferite di sempre, Argiolas, e assaggiare il loro famoso Angialis della linea "Prestigio". I sapori e i profumi della mia Terra sono stati ben rappresentati dal sorriso di Antonio Argiolas, il giovane enologo di casa.

Non mi resta che attendere il Vinitaly di novembre a Tokyo e, perché no, cercare di bissare l'anno prossimo a Verona.

03 April, 2009

Drink a little drink of me

Questa settimana in Italia è protagonista il vino. Si svolgerà, infatti, a Verona il Vinitaly, Salone internazionale del vino. Così, ho pensato di dedicare un post a tutti gli amanti del bere bene.


Non mi stancherò mai di ricordare il folle produttore di vino sui tetti di Manhattan, è una cosa che mi fa troppo ridere. Ma per fortuna, non sono le uniche bottiglie speciali a New York.

Intanto, chiariamo subito un fatto: in un locale per un bicchiere di un qualunque vino si spendono almeno 10 dollari, più tasse e mancia. Conviene, se si vuole degustare qualcosa di speciale, comprare una bottiglia e aprirla a casa.


Dopo il film Sideways, tutti sanno che i vini Californiani sono entrati ormai di diritto nel mercato mondiale. Personalmente, anche se l’altro giorno ho bevuto un bianco del Michigan niente male, preferisco di gran lunga gli italiani. Ma a New York costano. Almeno il doppio.


Ma quali sono le enoteche di Manhattan affidabili? Sicuramente Trader Joe è un classico, come la raffinata enoteca di Palo o Sea Grape sulla Huston, ma esistono delle piccole chicche che mi auguro possano tornare utili a qualcuno. Segnalo, intanto, che la Soho Wines & Spirits, sulla West Broadway, ha dei prezzi ottimi. Qui si può trovare la Vintage Tunina di Jermann a $59.99 (in Italia costa su 40 euro, quindi più o meno ci siamo).

Personalmente, l’enoteca che adoro è Appelation, dedicata al 90% ai vini biodinamici.
Vini naturali, non filtrati, che dopo la Francia stanno conquistando tanti altri paesi, Italia inclusa. Un negozio minimalista con tanti bei libri di vino esposti all’entrata.


Per chi non sa resistere alle bollicine, l’indirizzo è uno solo, anche se è un locale non un negozio. Sto parlando del Bubble Lounge, a Tribeca.


Poi certo, camminando per il Village, può capitare di fermarsi davanti a una vetrina e di essere attratti da una bottiglia in particolare. E, allora, si viene tentati dall’etichetta, dall’apparenza di un vino. E da enofili si diventa di colpo Marylin addicted. Ma a New York, è particolarmente bello cambiare interessi.


A tutti gli astemi che hanno avuto la pazienza di arrivare fino alla fine del post, dedico i mitici Wine Biscuits.

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