Otto piani in un ascensore stipato di occhi a mandorla e dotato di signorina bionica
annuncia piani. Quindici minuti di fila tra signore eccitate e mariti sconsolati; intorno a noi un assordante e incomprensibile vociare. Qualche indesiderata spinta da parte di un'impellicciata e profumata signora italiana, che rompe le righe e sbuffa.
Poi, la visione. Intensa, profumata e colorata come in un quadro vivente.
Visitare un'esposizione di ikebana della Scuola
Sougetsu è una vera e propria esperienza,
ogni volta unica e a sè stante. Le location poi sono sempre a dir poco spettacolari: questa volta l'ottavo piano del lussuoso department store
Takashimaya di Nihonbashi.

Data l'incredibile affluenza - complice un giorno festivo in pieno autunno, è stata un'impresa ardua riuscire a osservare con calma e serenità le
centinaia di composizioni esposte. Ma una volta davanti a esse, tutto si annienta e si parte per un piacevolissimo viaggio attraverso la propria spudorata interpretazione personale.
Cascate di sfarzosi boccioli intrecciate a rami secchi, vertiginose e colossali
volute che sfidano le leggi gravitazionali. Dopo una tale e maestosa parata, qualcosa di assolutamente sublime nella sua
semplicità.

Come queste undici delicate corolle rosse ai piedi di un
vialetto intrecciato di sinuose foglie. Sotto, semplicemente, uno specchio.

Poi ancora una drammatica corona di lustre foglie di legno e girasoli giganti. Avvicinando lo sguardo l'emozione si fa più intensa, e riporta inevitabilmente indietro di duemila anni.

E ancora una morbida e lussureggiante ampolla di foglie, con un cuore segreto rosa shocking.

Infine, la sintesi. Sobria ed eterea, ma pur sempre elegante e in qualche modo altezzosa. Davanti a questa composizione ho creduto di riconoscere l'austera fermezza dello spirito giapponese.
Recentemente, parlando con una carissima amica nonché
Maestra di Ikebana, ho ricevuto la migliore e più efficace spiegazione alla mia domanda: che differenza c'è tra le due più famose scuole di ikebana, la Scuola
Sougetsu e la Scuola
Ohara? "Semplice. La stessa differenza che c'è tra l'arte moderna e quella classica".
Dedicato a te, cara Romilda.