Quel genio di Italo Calvino scrisse un romanzo bellissimo, intitolato Le Città Invisibili, in cui Marco Polo alla corte di Kublai Khan descrive le incredibili città incontrate nei suoi viaggi. Ognuna di esse ha una personalità, un’architettura e una storia a sé (come raffigura l’artista di questo sito: le città invisibili). Senza le doti del grande scrittore, proverò a raccontarvi le storie che viaggiando per la città mi hanno raccontato le porte di alcuni edifici, attraverso le loro architetture e le loro diverse personalità (deciderete voi se sono vere o inventate) .
Upper East Side
Josephine si stava sottoponendo a un trattamento anticrespo per sfoggiare una inedita acconciatura al ricevimento che la attendeva in serata. Il suo letto era ancora disfatto e le ultime coperte di seta arrivate fresche fresche da una sartoria cinese le avevano regalato un sonno morbido e spensierato. La primavera era alle porte e la cosa non le dispiaceva affatto. Come ogni anno, si sarebbe liberata di quei ridicoli cappotti, per poter scendere a Central Park e intrecciare i suoi lunghi e biondi capelli ai fili d’erba. Non era in grado di apprezzare fino in fondo la fortuna che aveva avuto a nascere in uno dei quartieri più ricchi della città. Ma era dotata di una innata sua eleganza, come tutti i levrieri afgani, tanto che neanche una volta fu tentata di fare pipì sul vaso posto fuori il portone di casa.
Greenwich Village
Aveva preso una bambola gonfiabile e la aveva vestita dalla testa ai piedi: un cappello fatto a mano da una vecchia signora di Harlem, una camicia bianca con i gemelli come piacevano a lei, un cappottino in tessuto eco, verde menta, una borsa di Guess, un bracciale portafotuna thailandese e l’ultimo modello di All Stars. Dentro la borsa due biglietti per vedere Stomp. Erano tutti i regali che aveva comprato per il compleanno della sua adorata Marianne. Lei lo aveva raggiunto per un Master in Giurisprudenza. Stavano insieme da due anni, ma a distanza, e questi tre mesi insieme li riempivano di gioia. Quella notte accesero mille candele e lui il giorno seguente dipinse la porta che dava sulla strada dei colori della sua anima, affinché il loro sogno non si sgonfiasse mai.
Soho
Qui vive una star, un divo, chiamatelo come volete. Nessuno sa cosa ci sia dietro la sua porta. A Manhattan ha cinque ristoranti, nel mondo sei mogli. Ma il suo intenso e appassionante sguardo non ce lo ha nessuno, in tutto l’universo…
Lower East Side
Mouggly veniva da Minneapolis. Ai tempi del College la sua bellezza aveva distolto tutta la scuola dagli studi. Biondo, statuario, dal sorrido perfetto. Beveva e fumava né più né meno dei suoi compagni. Ma avere una madre attrice, che ha lasciato tutto per poter seguire una compagnia di terz’ordine, solo per andare contro tutti i sistemi non lo aveva aiutato a liberarsi di quella fama di conoscere, che già recitando ore davanti allo specchio da piccolo si era manifestata. Quando arrivò a New York per seguire Annabelle, allora sua compagna, non aveva un dollaro. Si appoggiarono nel corridoio di un vecchio zio di lei, con un saccoapelo e una bici in due. Dopo un anno, lei riuscì ad ottenere una particina in un musical di Broadway e anche Mouggly la seguì, come operaio di scena. Li potevi trovare, durante il loro giorno di pausa, al Chakra, uno degli unici cinque locali di Manhattan in cui si può fumare, proprio in Avenue A, in pieno Lower East Side. Se passate di là buttate un occhio: lui è quello ubriaco che parla di quando a scuola trovava le ragazze nascoste nel suo letto ad aspettarlo. Lei se ne è andata. Al suo posto c’è Lia, una giornalista impegnata dai capelli lunghi e grigi, come i respiri di questo posto.
Dietro la porta di casa mia c'è la polvere dei miei ritorni della mia strada c'è l'ombra della mia anima cantava Cristiano De André. Forse non aveva tutti i torti. Il mio augurio è che quando si chiude una porta si apra sempre un portone.
5 comments:
Secondo me sono vere tutte e tre, ma soprattutto bellissime.
Splendide storie...bravissima
Un bacio fra
leggendo tuoi racconti mi viene da chiederne ancora... bello cogliere l'anima di una città con brevi flash sulla vita di chi la vive...non importa se veri i inventati, sono credibili e molto newyorkesi...nytaly
Nytaly: anche io ne vorrei ancora e ancora, poi lo stile della Stefi mi fa impazzire. So che sono un po' di parte ma lo penso davvero ^^
PS. a NY ci sono buoni ristoranti sardi?
Io vi ringrazio perché non c'è energia migliore per chi scrive di quella proveniente dai lettori.
Nyitaly: come avrai intuito, si tratta di storie vere romanzate e frullate insieme:)))
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