Chi di voi ricorda la pubblicità anni 80 dei Levi's, con Nick Kamen che entrava in una tipica laundry americana e si spogliava? All’epoca in Italia le lavanderie a gettone non esistevano, erano una tipica usanza transoceanica nell’immaginario collettivo. Ma se ho parlato di panni puliti è solo per poter introdurre il ferro da stiro più famoso di New York: il Flatiron Building.
Tanti anni fa, era l’edificio più alto della città e fu anche il primo grattacielo fornito di sistema antincendio. Eppure, Il Fuller Building, meglio conosciuto per la sua forma come Flatiron Building (=ferro da stiro), è stato e forse è ancora un simbolo molto caro alla città. Questa volta però lascerò che sia un grandissimo esperto di New York a parlare delle sensazioni che si provano al numero 175 della Quinta strada, il Professor Mario Maffi (Letteratura Americana all’Università degli Studi di Milano). Dal suo libro New York, l’isola delle colline:
“Lo scenario intorno si fa sempre più irreale. È come se quella sospensione che la neve non manca di creare – quel suo rallentare e immobilizzare ogni cosa – si traducesse ora e qui in uno srotolarsi indietro del tempo, fino a svelare il passato che tanto misteriosamente sta pur dentro questa metropoli… Ed è la giusta, necessaria introduzione al “Grande Magnifico”… Parlo del… “Flatiron”: diciannove piani di meraviglia e follia eretti da Daniel Burnham nel 1902 nella forma di quegli alti ferri da stiro affilati e triangolari che s’usavano una volta, con una facciata in bugnato rustico che muta di sfumature a seconda della luce e un gioco di ondulazioni negli sporti delle finestre che conferisce movimento e leggerezza alle superfici e gli ornamenti in stile French Renaissance che accrescono la sbarazzina solennità di questa pruna di nave lanciata nel vortice della città che sale…”
La città che sale riporta in un baleno la mia mente a un’altra “città che sale”, a Genova, così come la descrisse Dino Campana nella sua poesia capolavoro:
“Per i vichi marini nell’ambigua Sera cacciava il vento tra i fanali Preludii dal groviglio delle navi… Quando Melodiosamente D’alto sale… De le nuvole e de le stelle dentro del cielo serale, Dentro il vico marino in alto sale…
Da New York a Genova, ci ritroviamo a Roma: è di questi giorni la notizia che attribuisce a Sorgente Group Spa (Gruppo romano) la maggioranza del pacchetto azionario della società proprietaria del Flatiron Building. Pare verrà trasformato in un albergo di stralusso.
Poi però leggo: "Il problema è che la notizia si ripete da anni. Lo ha scoperto il nostro Luca Sofri che è molto pignolo" sul blog di Condor e che la notizia si ripete da anni su Wittegenstein.
Be’ chi vivrà vedrà. Ora sulla città che sale è scesa la notte.
E poi i panni sporchi si lavano in casa propria, o al massimo da Superwash (per chi non ha una lavatrice).
Tanti anni fa, era l’edificio più alto della città e fu anche il primo grattacielo fornito di sistema antincendio. Eppure, Il Fuller Building, meglio conosciuto per la sua forma come Flatiron Building (=ferro da stiro), è stato e forse è ancora un simbolo molto caro alla città. Questa volta però lascerò che sia un grandissimo esperto di New York a parlare delle sensazioni che si provano al numero 175 della Quinta strada, il Professor Mario Maffi (Letteratura Americana all’Università degli Studi di Milano). Dal suo libro New York, l’isola delle colline:
“Lo scenario intorno si fa sempre più irreale. È come se quella sospensione che la neve non manca di creare – quel suo rallentare e immobilizzare ogni cosa – si traducesse ora e qui in uno srotolarsi indietro del tempo, fino a svelare il passato che tanto misteriosamente sta pur dentro questa metropoli… Ed è la giusta, necessaria introduzione al “Grande Magnifico”… Parlo del… “Flatiron”: diciannove piani di meraviglia e follia eretti da Daniel Burnham nel 1902 nella forma di quegli alti ferri da stiro affilati e triangolari che s’usavano una volta, con una facciata in bugnato rustico che muta di sfumature a seconda della luce e un gioco di ondulazioni negli sporti delle finestre che conferisce movimento e leggerezza alle superfici e gli ornamenti in stile French Renaissance che accrescono la sbarazzina solennità di questa pruna di nave lanciata nel vortice della città che sale…”
La città che sale riporta in un baleno la mia mente a un’altra “città che sale”, a Genova, così come la descrisse Dino Campana nella sua poesia capolavoro:
“Per i vichi marini nell’ambigua Sera cacciava il vento tra i fanali Preludii dal groviglio delle navi… Quando Melodiosamente D’alto sale… De le nuvole e de le stelle dentro del cielo serale, Dentro il vico marino in alto sale…
Da New York a Genova, ci ritroviamo a Roma: è di questi giorni la notizia che attribuisce a Sorgente Group Spa (Gruppo romano) la maggioranza del pacchetto azionario della società proprietaria del Flatiron Building. Pare verrà trasformato in un albergo di stralusso.
Poi però leggo: "Il problema è che la notizia si ripete da anni. Lo ha scoperto il nostro Luca Sofri che è molto pignolo" sul blog di Condor e che la notizia si ripete da anni su Wittegenstein.
Be’ chi vivrà vedrà. Ora sulla città che sale è scesa la notte.
E poi i panni sporchi si lavano in casa propria, o al massimo da Superwash (per chi non ha una lavatrice).
3 comments:
Quello spot fu un capolavoro. E il Flatiron è spaventosamente newyorkese ^^
Tra l'altro stirare è uno dei miei hobby preferiti, ma non diciamolo a nessuno... ;)
complimenti interessantissimo blog buon inizio di settimana
Ciao Caravaggio, torna a trovarci quando vuoi ^^
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